Furto, furto d'uso nel bike sharing

Fiori in bicicletta
Ph. Vincenzo Giuseppe Giglio / Fiori in bicicletta

La cassazione con la sentenza n. 36547 del 23 settembre 2021 ha affrontato una duplice questione in tema di biciclette del servizio bike sharing. La qualificazione in furto d’uso e la sussistenza dell’aggravante dell’esposizione alla pubblica fede.

 

Il Bike sharing è un servizio oramai diffuso in tutte le città, la cassazione è stata chiamata a decidere se la condotta di L.Z. potesse configurare il furto d’uso, previsto dall’articolo 626 comma 1 del codice penale, e la sussistenza dell’aggravante prevista dall’art. 625 n. 7 codice penale nel caso in cui la bicicletta risulti lasciata aperta o non agganciata ai supporti della rastrelliera.

 

Furto o furto d'uso il fatto

L. Z. è stato condannato dalla Corte di appello di Milano per il reato di furto aggravato, 624 e 625 n. 7 c.p. I giudici di appello hanno confermato la qualificazione del fatto in furto aggravato così ricostruendo il fatto: la Signora L. M. aveva ricollocato dopo l'uso la bicicletta del servizio bike sharing negli appositi stralli. L'imputato l'aveva sottratta prima che si attivasse il sistema di bloccaggio ovvero dopo qualche tempo, qualora il sistema non si fosse attivato per il non corretto posizionamento della bicicletta. Dopo pochi giorni l'imputato era stato sorpreso in possesso del velocipede ed aveva dichiarato che la usava per spostarsi nella città e il suo intento era di restituirla.

Ricorreva in cassazione l'imputato deducendo la violazione di legge in relazione alla mancata qualificazione del fatto in furto d'uso sulla base dell'erroneo convincimento dei giudici di merito che mancasse il requisito indefettibile della spontaneità della restituzione che era stata impedita da forza maggiore per l'imprevisto intervento della polizia.

Con un secondo motivo la violazione di legge in relazione alla circostanza aggravante di cui all'art. 625 n. 7 codice penale; a difesa sostiene che la bicicletta era aperta o comunque non ben agganciata ai supporti e che, non potendo qualificarsi come radicata l'abitudine del ciclista di lasciare la bicicletta sulla pubblica via senza assicurarla mediante chiave di chiusura o catena antifurto, difetterebbe il presupposto applicativo dell'aggravante.

 

Furto o furto d'uso la Cassazione

Gli Ermellini in motivazione richiamano la giurisprudenza consolidata della Corte di legittimità e il principio secondo il quale "Il furto d'uso presuppone una restituzione spontanea della refurtiva dopo l'uso momentaneo, con la conseguenza che tutte le cause, anche indipendenti dalla volontà del colpevole, che determinano una coazione o impediscono la restituzione, rendono applicabile il titolo comune di furto" (Sez. 5, n. 6431 del 29/12/2014, dep. 2015, Belprati Rv. 262664; Sez. 4, n. 1045 del 15/12/2006, dep.2007, Terlimbacco Rv. 236020; Sez. 2, n. 9090 del 07/03/1989, dep. 1990, Nicosia, Rv. 184695).

La pronuncia impugnata ha, dunque, correttamente e con motivazione esente da vizi, qualificato il fatto ai sensi dell'art.624 cod. pen. secondo l'interpretazione fornitane dall'organo di nomofilachia.

 

Furto e l'aggravante della esposizione alla pubblica fede

La cassazione parte dalla premessa che "Sebbene si ritenga che la circostanza aggravante di cui all'art. 625, comma 1, n. 7 cod. pen., in termini di esposizione per consuetudine alla pubblica fede, non sia configurabile nel caso in cui si verifichi il furto di una bicicletta lasciata senza alcuna custodia in una pubblica via, non essendo abitudine dei proprietari lasciare le loro biciclette sulla pubblica via senza avere cura di assicurarle mediante l'utilizzo della catena antifurto (Sez. 4, n. 38532 del 22/09/2010, Catone Rv. 248836)".

Nal caso in esame occorre tuttavia evidenziare che la Corte di legittimità ha più volte affermato che tale aggravante sussiste, in termini di esposizione per necessità alla pubblica fede, in caso di furto di una bicicletta parcheggiata sulla pubblica via dal proprietario per una sosta temporanea (Sez. I 5, n. 17604 del 13/01/2020, Dícuonzo, Rv. 279343; Sez. 4, n. 16022 del 20/12/2018, dep. 2019, Tanzi, Rv. 275578; Sez. 4, n. 4200 del 20/10/2016, dep. 2017, Ribaga, Rv. 269128); in simili casi, l'esposizione alla pubblica fede è motivata dalla necessità di utilizzare il velocipede per atti della vita quotidiana, come fare la spesa, recarsi a svolgere alcune commissioni, e simili.

Tale secondo principio interpretativo deve, ad avviso del Collegio, trovare a fortiori applicazione con riferimento ai velocipedi posizionati nelle vie cittadine da chi gestisce il servizio di bike sharing, essendo necessario per l'efficacia del servizio che tali mezzi di trasporto siano agevolmente prelevabili e utilizzabili dal pubblico, e che altrettanto agevoli ne siano la restituzione e il termine del noleggio. Onde rendere autonomi gli utenti nell'eseguire tali operazioni, è solitamente previsto un sistema di sblocco/blocco del velocipede, che viene azionato dall'utente mediante una tessera o un comando da applicazione telematica, essendo indispensabile un minimo tempo tecnico per lo sblocco del mezzo ed altrettanto per il blocco che precede la messa a disposizione di futuri utenti.

Nel caso in esame, i giudici di appello hanno correttamente evidenziato che la bicicletta era stata momentaneamente collocata nell'apposita rastrelliera a disposizione di ulteriori utilizzatori e che, non risultando alcun danneggiamento, la sottrazione dovesse ritenersi avvenuta nel breve arco di tempo che intercorre tra il termine del noleggio e l'attivazione del sistema di blocco ovvero anche successivamente, ove non correttamente installata. Approfittando, in altri termini, del metodo di funzionamento necessario per computare il tempo di durata della corsa e del tempo intercorrente tra la fine della corsa e la restituzione del mezzo con attivazione del sistema di bloccaggio.

Sulla base delle considerazioni che precedono, si ritiene che la Corte di appello abbia correttamente affermato che la bicicletta che viene messa a disposizione degli utenti lungo la pubblica via nell'esercizio dell'attività di bike sharing fosse da considerarsi esposta per necessità alla pubblica fede, considerando il relativo furto aggravato ai sensi dell'art.625, comma 1, n.7 cod. pen.

Furto d'uso la norma e una rassegna di giurisprudenza: Link