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Integrazione (organizzativa)

Attimi
Ph. Giacomo Martini / Attimi

La parola integrazione, in termini generici, significa “… il fatto di integrare, di rendere intero, pieno, perfetto ciò che è incompleto o insufficiente a un determinato scopo, aggiungendo quanto è necessario o supplendo al difetto con mezzi opportuni” (vocabolario online Treccani). Esprime quindi il senso di compiutezza e di pienezza di un dominio che altrimenti non potrebbe essere riconoscibile come davvero utile a ciò per cui è nato ed esiste.

La utilizziamo ogni qualvolta si voglia dare un senso positivo ad una azione anche nobile: si pensi, solo come esempio, alle situazioni di difficoltà sociale che quotidianamente compaiono sui mass media, come logica di aiuto a persone in difficoltà (per le magie del pensiero momentaneamente imperante, il mood più recente è passato alla parola inclusione, in realtà di differente significato).

Qualche volta la utilizziamo anche in ambito lavorativo, ad esprimere il bisogno di coinvolgimento di unità organizzative, collaboratori e/o colleghi per svolgere e concludere una attività in cui sono richieste competenze diverse.

Ma se in campo sociale le diversità sono spessissimo date, difficili da interpretare e gestire, in ambito economico aziendale (per aziende ed istituzioni) sono un dato voluto, ricercato anzitutto per risolvere un problema di fondo, la gestione della complessità.

La progettazione organizzativa affronta la complessità delle relazioni con l’ambiente (in cui compaiono i vari stakeholder – clienti, fornitori, attori sociali, cittadini, utenti …) scomponendo la struttura aziendale/istituzionale nelle sotto parti che hanno la conoscenza e la capacità di presidiare una singola componente ambientale: l’ufficio vendite sviluppa competenze di relazione con il mercato ed i clienti; l’ufficio amministrazione quelle di gestione con gli attori amministrativi e fiscali esterni; il servizio segreteria studenti quelle di relazione con i clienti di ateneo; l’unità di sviluppo nuovi prodotti quelle di relazione con il mondo della ricerca e così via. Nella sostanza si creano differenze volutamente per avere persone specializzate nei vari ambiti. La frammentazione in unità differenti (che col tempo esprimono modi di pensare, metodologie, approcci relazioni, valori e senso etico della propria professione diversi, in alcuni casi profondamente diversi) degli elementi della stessa organizzazione richiede allora la ricomposizione mediante meccanismi di integrazione di tutte quelle unità, che in funzione di uno specifico obiettivo strategico od operativo rappresentano tutte le competenze necessarie alla compiutezza della azione. La logica della differenziazione (voluta) e della integrazione (ricercata) è uno dei cardini, forse il principale, della progettazione della organizzazione, qualunque essa sia.

Funziona? A volte si, tante volte poco. I meccanismi di integrazione, che servono al coordinamento tra le parti, partono dall’ovvio riporto gerarchico (metto un capo sopra le unità che debbono operare insieme) e attraverso procedure e norme, sistemi informativi, costituzione di gruppi di lavoro, attivazione di team organizzati od auto-organizzati, logiche di funzionamento operativo a processi orizzontali – impiegati su base temporanea o continuativa – propongono soluzioni a progressivo grado di sofisticazione nel funzionamento. Quindi anche di complessità relazionale tra le persone delle differenti parti.

In questo entra in gioco la terza componente delle competenze: alle conoscenze e alle capacità di aggiunge il comportamento, ossia la capacità di cogliere il contesto e di agire conseguentemente per raggiungere la sostanza del risultato richiesto.

La difficoltà di integrare la giochiamo attraverso il comportamento personale che nasce dalla accettazione o dal rifiuto di collaborare con le competenze delle altre unità. Chiusura od apertura sono un problema del manager della propria unità (progetta e coordina) ma anche del professional che ne fa parte (agisce e propone). E attenzione, beyond il contenuto tecnico delle proprie competenze e dei meccanismi formali di integrazione, è la capacità di vedere con lungimiranza come è opportuno oggettivamente agire per ottenere collaborando il risultato che fa la DIFFERENZA tra una organizzazione con persone che operano pedestremente e meccanicamente e una organizzazione di persone che operano flessibilmente ed organicamente (e che quindi, integrando, includono).