x

x

La cittadinanza organizzativa e la formazione

Bologna
Ph. Marta Stranges / Bologna

Riprendo l’articolo “l neoassunto e l’ochetta Martina” per segnalare un progetto dell’Alma Mater Studiorum - Università di Bologna.

Si tratta in realtà di esperienze diverse: la prima dedicata al personale tecnico amministrativo e l’altra a docenti e ricercatori.

La genesi è, tuttavia, comune e nasce dalle esigenze già descritte: la necessità di prevedere una socializzazione dei neoassunti, in chiave di cittadinanza organizzativa.

Detto in altre parole, si tratta di offrire a chi entra a far parte dell’organizzazione per la prima volta, gli strumenti per orientarsi e provare a capire il contesto in cui passerà una parte importante della propria vita e del proprio tempo. È bene sottolineare, fin da subito, il punto più originale di questo approccio: non si parla del corso di formazione tecnico o professionale, più o meno interessante e riuscito, per illustrare le principali conoscenze utili al neoassunto (lo Statuto, i regolamenti di Ateneo e le norme di riferimento del sistema universitario, la descrizione dei principali uffici, le competenze tecniche utili a svolgere il proprio lavoro) o raccontare l’organizzazione in cui si è entrati. Il percorso prevede anche questi aspetti ma non sono il punto centrale.

Le organizzazioni, infatti, sono anche costrutti sociali e concettuali: un corso ne può raccontare gli aspetti formali e sostanziali (questi ultimi con qualche difficoltà in più), ma il modo in cui ognuno di noi ne fa parte e interpreta il proprio ruolo è necessariamente originale e unico. Questa unicità, specie in organizzazioni quali gli Atenei e gli Enti pubblici di ricerca, che vivono del contributo attivo dei propri componenti, va coltivata e non penalizzata. In sostanza, e vengo al punto, il percorso pensato dall’Alma Mater si è posto l’obiettivo principale di dare al proprio dipendente (docente, ricercatore o TA che sia) gli strumenti per essere autonomo nella rappresentazione della propria organizzazione e scegliere di esserne cittadino a pieno titolo. Quello che serve per capire il contesto in cui ci si muove, non necessariamente condividerlo, magari volerlo cambiare (sull’importanza del dissenso nelle organizzazioni complesse – persino in quelle militari – sono stati scritti fiumi di inchiostro), purché non si scabino mulini a vento per giganti: l’agire organizzativo, detto in modo un po' più tecnico, deve essere coerente con una rappresentazione almeno realistica del contesto. Diversamente si rischia di abbaiare alla luna o, nella migliore delle ipotesi, di omologarsi in modo acritico.

Da queste considerazioni, sia pure non del tutto espresse in modo chiaro e razionale (ed è un punto di miglioramento sui cui vale la pena riflettere) ma sicuramente intuite, nascono i percorsi formativi “fuori dai sentieri battuti”, dedicato al personale docente e ricercatore e le “azioni di inserimento lavorativo per il personale neoassunto” (dedicato al personale TA). Sarebbe riduttivo definirli corsi di formazione: sono questo di certo, ma anche altro.

“Fuori dai sentieri battuti” è un percorso di socializzazione dei ricercatori e dei docenti nel nostro Ateneo. Prevede diversi moduli, alcuni più tradizionali, altri del tutto atipici rispetto aIla classica formazione: visite ai musei e ai luoghi della storia dell’Ateneo, partecipazione ad eventi culturali, momenti di convivialità e libero confronto. Per chi sia abituato alla formazione “Procedamus” (www.procedamus.it) non è nulla di nuovo o originale, ma rispetto a quanto normalmente avviene negli enti pubblici il salto di qualità è evidente.

Anche nella scelta dei moduli più “classici”, che prevedono formazione in aula, ve ne sono alcuni piuttosto atipici, che risultano particolarmente apprezzati: quelli sulle tematiche organizzative ( ad esempio il modulo “conoscere l’organizzazione”) e sulla socializzazione organizzativa sono senz’altro tra questi.

La particolarità di questi moduli dipende dal fatto che si parte da solide nozioni di base di teoria delle organizzazioni, psicologia del lavoro e delle organizzazioni per affrontare il contesto concreto e dare a ciascuno le coordinate necessarie a muoversi al suo interno. La base scientifico/metodologica, in sostanza, viene utilizzata come chiave di lettura del contesto.

L’obiettivo è quello di fornire poche ma fondamentali bussole per rendere il neoassunto il più autonomo possibile nell’interpretazione e comprensione delle dinamiche in cui si ritroverà e, sperabilmente, mettere a disposizione la propria professionalità con coerenza.

Un’operazione del genere non è affatto scontata: richiede, tra l’altro, una certa capacità di uscire dagli schemi consueti per rappresentare la propria organizzazione per quello che è (nel bene e nel male), andando oltre le presentazioni “di facciata” o che tendono, comunque, a presentare il meglio della propria organizzazione. Non si tratta di una questione (solo) etica ma professionale: se il dipendente deve sapersi orientare deve conoscere le insidie del territorio. Per questo, in particolare questo modulo, ha richiesto un’ampia condivisione con i principali interlocutori tecnico/politici (dal Rettore al Direttore Generale).

L’esperienza, avviata nel 2016, viene ripetuta ogni anno (siamo alla 5ª edizione) e può ormai dirsi consolidata.   

La possiamo senz’altro definire una buona pratica di socializzazione dei neoassunti che meriterebbe di essere diffusa ed estesa anche oltre i confini dell’Alma Mater.

Il percorso dedicato al personale TA è ancora più articolato perché prevede un’unità organizzativa espressamente dedicata ai temi della socializzazione, dell’orientamento e dello sviluppo professionale del personale, durante tutto il suo percorso lavorativo in Ateneo.

Questo presidio organizzativo, oltre alla socializzazione dei neoassunti, prevede anche azioni di supporto individuale rivolte a tutto il personale (neoassunto o meno), al fine di favorire la migliore integrazione e collocazione della persona.

I percorsi formativi e di inserimento dei neoassunti TA hanno una struttura abbastanza simile (almeno come filosofia) a quelli del personale docente. Anche in questo caso il modulo “conoscere l’organizzazione” (di fatto molto simile a quello proposto a docenti e ricercatori) e quello sulla socializzazione dei neoassunti (Inserimento nel mondo del lavoro e in Unibo: promuovere comportamenti proattivi) hanno un ruolo importante.

Intendiamoci: anche nell’Ateneo Bolognese l’inserimento dei neoassunti e più in generale lo sviluppo professionale dei propri dipendenti ha ancora mille problemi. La strada intrapresa, tuttavia, per quanto tortuosa e irta di insidie, sembra quella giusta.

Per saperne di più: