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La registrazione delle prove concorsuali orali

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In un recente webinar di puntoconcorsi, il progetto di formazione-intervento promosso da LineATENEI e curato da Cecilia Pellicanò e Laura Flora, è stata formulata la seguente domanda: è possibile per un candidato registrare una prova orale di un concorso?

Ci sono domande alle quali non risulta possibile fornire una risposta sintetica e, soprattutto, univoca. Anzi, la stessa domanda può ottenere risposte differenti in ragione del contesto di riferimento.

Infatti, la questione, così formulata, presenta ampi margini di ambiguità. Di conseguenza, anche le risposte rischierebbero di risultare altrettanto ambigue. Proviamo allora a riformularla e a contestualizzarla in due modi, con altrettante e distinte risposte diametralmente opposte.

 

1ª formulazione (ambito penale)

Può una registrazione di una prova concorsuale essere utilizzata nel processo penale?

Tendenzialmente sì, con alcune precisazioni.

La norma di riferimento è contenuta nel Codice di procedura penale, articolo 234, comma 1: «È consentita l’acquisizione di scritti o di altri documenti che rappresentano fatti, persone o cose mediante la fotografia, la cinematografia, la fonografia o qualsiasi altro mezzo».

Ai fini probatori, dunque, la norma permette l’acquisizione di documenti rappresentanti fatti e persone anche mediante il mezzo fonografico. Ne consegue che la registrazione di colloqui tra presenti è documento ammissibile in dibattimento, fra cui anche la registrazione di una prova concorsuale.

Il giudice dovrà, tuttavia, secondo quanto statuito da giurisprudenza conforme, adottare una specifica valutazione della capacità probatoria della registrazione e dell’attendibilità delle dichiarazioni accusatorie, specie nel caso in cui l’audio non risulti continuo o appaia tagliato in alcuni punti (si veda la recente Cassazione penale, sez. VI, 3 ottobre 2017, n. 1422 (1422/2018).

Ai fini della producibilità in giudizio di tali registrazioni non si dovrà cadere nel divieto previsto dall’articolo 191 del Codice di procedura penale, secondo cui «Le prove acquisite in violazione dei divieti stabilite dalla legge non possono essere utilizzate».

Pertanto, se registrare una conversazione fosse atto vietato dalla norma in quel concorso, la prova sarebbe acquisita in violazione dei divieti espressi, con la conseguenza di un’inutilizzabilità non sanabile in dibattimento. Si deve precisare che deve essere la legge, e non il regolamento del concorso, a sancire espressamente il divieto di registrazione, come graniticamente la giurisprudenza richiede. Non risulta sufficiente, quindi, un semplice divieto regolamentare.

Inoltre, giova ricordare che le registrazioni (audio e video) sono documenti che formano prova anche in ambiente digitale (mp3 audio, mp4, mov, etc.). Il Regolamento europeo eIDAS (Reg. UE 910/2014), infatti, riconosce una siffatta definizione: «“documento elettronico”, qualsiasi contenuto conservato in forma elettronica, in particolare testo o registrazione sonora, visiva o audiovisiva»:

Esistono elementi ulteriori. Secondo quanto statuito dalla Cassazione 13 maggio 2011, n. 18908 – e confermato da un esperto del settore del calibro di Fulvio Sarzana di S. Ippolito – chi dialoga accetta il rischio che la conversazione sia registrata. E, inoltre, quando chi lo fa a tutela di un proprio diritto di precostituirsi una prova in caso di un eventuale processo, al fine di poter esercitare la difesa, non viola nemmeno la privacy di terzi qualora la registrazione avvenga in un ufficio pubblico e, in aggiunta come prescritto dalla normativa vigente sui concorsi, in una sala volutamente aperta al pubblico[1].

Inoltre, non dovrebbe essere nemmeno violato il diritto alla privacy, né tantomeno integrato il reato di cui all’articolo 167 del Codice contenuto nel Decreto Legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in quanto sarebbe ben difficile dimostrare il dolo specifico, richiesto dalla norma, della finalità di arrecare nocumento ad altri o trarre profitto per sé, perché ne risulterebbe un profitto legittimo.

Siamo infatti di fronte esclusivamente a un documento fonografico rappresentativo di un evento comunque accaduto, nemmeno censurabile con le norme del GDPR (Reg. Ue 2016/679), che prescrivono il consenso dell’interessato per la loro “sistematica diffusione” e non per precostituire una prova.


2ª formulazione (ambito amministrativo)

Può una registrazione di una prova concorsuale essere utilizzata nel processo amministrativo?

Tendenzialmente no.

L’unico documento fidefacente è il verbale, come documento amministrativo che proviene dal pubblico ufficiale che lo redige e recante, in via esclusiva, forza di prova di quanto accaduto.

Sul punto prosegue da tempo una coerente linea di pronunciamenti giurisprudenziali, che trae scaturigine dal Consiglio di Stato, sez. VI, 18 dicembre 1992, n. 1113: «Il mancato espletamento da parte della pubblica amministrazione delle formalità necessarie a garantire la genuinità ed autenticità dei nastri registrati inerenti a dichiarazioni rese da soggetto nel corso del procedimento amministrativo, non rileva ai fini dell’ammissibilità del diritto di accesso, potendo, semmai, venire in considerazione ai diversi effetti del valore probatorio da attribuire, nella competente sede giurisdizionale, al documento, in rapporto ad altro documento rappresentativo fidefacente, quale il verbale scritto».

Importante, tuttavia, una precisazione. Qualora si riscontrino difformità tra quanto registrato e quanto verbalizzato, la questione processuale potrebbe transitare dal processo amministrativo al processo penale, verosimilmente per il reato di falso ideologico commesso dal pubblico ufficiale verbalizzante, come rubricato dall’articolo 479 del codice penale.

A ogni buon conto, qui serve un solo consiglio salvavita. La trasparenza autentica, la correttezza e la lealtà sono armi micidiali a disposizione non di chi è votato al contenzioso, ma del pubblico ufficiale incaricato di essere un componente o il segretario di una Commissione di concorso.

Pertanto, non deve essere frapposto alcun timore alla registrazione da parte di terzi di una prova orale, laddove gli intenti e l’agire pubblico siano conformi ai principi dianzi richiamati.

 

[1] Si veda, in questa rivista, Antonio Di Tullio, Il reato di trattamento illecito di dati personali. Sul punto si veda, ancora agli esordi del problema, F. Sarzana di S. Ippolito, La nuova videosorveglianza per gli enti locali, le imprese e i privati, Rimini, Maggioli, 2010.