x

x

L’alterazione dell’equilibrio del contratto successivo alla stipulazione

I rimedi apprestati alla parte svantaggiata
Prospettive
Ph. Fabio Toto / Prospettive

Abstract

Il contributo affronta il fenomeno delle alterazioni dell’equilibrio economico del contratto successivo alla sua stipulazione, mettendo in luce gli aspetti più significativi.

L’indagine si incentrerà poi sull’individuazione delle problematiche sollevate delle sopravvenienze contrattuali e sui rimedi a disposizione del contraente svantaggiato.

Si cercherà, infine, di indicare il rapporto tra gli stessi.

 

Indice:

1. Sopravvenienze contrattuali

2. Problematiche sollevate

3. Ammissibilità sopravvenienze atipiche

4. Rimedi applicabili

5. Rapporto tra i rimedi

 

1. Sopravvenienze contrattuali

Il fenomeno delle alterazioni dell’equilibrio del contratto successive alla sua stipulazione postula l’analisi delle cosiddette sopravvenienze contrattuali.

Per sopravvenienze contrattuali si intendono le circostanze che, intervenendo dopo la conclusione del contratto, ma prima della sua completa esecuzione, incidono sul regolamento contrattuale e mutano il contesto giuridico, economico o sociale nel quale esso è stato stipulato. Tale mutamento può pregiudicare la funzione del contratto e l’interesse di una delle parti rispetto allo stesso, come aggravamento del sacrificio o come minore utilità del contratto.

La tematica in oggetto concerne, dunque, i contratti di durata, caratterizzati da un ampio decorso temporale tra il momento del perfezionamento del contratto ed il momento del completamento dell’esecuzione del contratto stesso.

Le sopravvenienze costituiscono una tipica ipotesi di rischio correlato al contratto: in particolare, mentre una parte del contratto è pregiudicata dalla sopravvenienza l’altra parte è avvantaggiata dalla sopravvenienza stessa.

È possibile distinguere tra sopravvenienze legali e sopravvenienze convenzionali.

Le sopravvenienze legali sono quelle disciplinate dal Codice Civile, ed in particolare si tratta dell’impossibilità sopravvenuta e dell’eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione, rispettivamente previste dagli articoli 1463 e ss. Codice Civile e dagli articoli 1467 e ss. Codice Civile; in queste situazioni, il soggetto che ha subito la sopravvenienza può esperire un rimedio caducatorio, ovvero la risoluzione del contratto.

Le sopravvenienze convenzionali ricorrono quando le parti del contratto considerano la circostanza che si verifichino delle sopravvenienze e prevedono determinati effetti al verificarsi delle stesse; l’ipotesi paradigmatica di sopravvenienza convenzionale è la condizione risolutiva, che fa riferimento ad un evento futuro ed incerto. Si tratta di un rimedio caducatorio, perché al verificarsi della sopravvenienza si scioglie il vincolo contrattuale.

Quanto alla risoluzione per impossibilità sopravvenuta, il codice civile disciplina gli effetti dell’impossibilità sopravvenuta della prestazione sia in relazione ai modi di estinzione delle obbligazioni diversi dall’adempimento agli articoli 1256 e ss. Codice Civile sia in materia di risoluzione del contratto agli articoli 1463 e ss. Codice Civile.

Precisamente, in base all’articolo 1256 e ss. Codice Civile, in caso di impossibilità definitiva della prestazione per causa non imputabile al debitore l’obbligazione si estingue e il debitore è liberato; ove l’obbligazione estinta derivi da un contratto a prestazioni corrispettive, ai sensi dell’articolo 1463 Codice Civile la parte liberata “non può chiedere la controprestazione, e deve restituire quella che abbia già ricevuta, secondo le norme relative alla ripetizione di indebito”: quindi, nei contratti sinallagmatici la sopravvenuta impossibilità di una prestazione estingue non solo l’obbligazione del contraente tenuto all’esecuzione della stessa ma anche l’obbligazione della controparte, così determinando la caducazione del contratto.

L’orientamento tradizionale della dottrina e della giurisprudenza ha interpretato il termine “impossibilità in senso oggettivo ed assoluto; segnatamente, l’impossibilità è oggettiva quando dipende da un fattore esterno rispetto alla sfera del debitore (si pensi al caso fortuito, alla forza maggiore), mentre è assoluta quando la prestazione non può essere eseguita dal debitore nemmeno adoperando la massima diligenza. Invece, secondo l’indirizzo interpretativo più recente, in base al principio di buona fede è impossibile la prestazione che comporta un impiego di forze psicofisiche o di costi economici particolarmente gravoso.

In merito alla risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta, ai sensi dell’articolo 1467 Codice Civile nei contratti a prestazioni corrispettive la parte, la cui prestazione è diventata eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari ed imprevedibili, può chiedere la risoluzione del contratto; però, la risoluzione può essere evitata se la controparte offre di modificare equamente le condizioni del contratto (articolo 1467, comma 3 Codice Civile).

Secondo la dottrina, un evento è straordinario quando è di rara verificazione in relazione alle sue dimensioni e alla sua intensità, mentre è imprevedibile quando un soggetto di media diligenza non ne avrebbe potuto prevedere il verificarsi, avuto riguardo alle circostanze concrete sussistenti al momento della conclusione del contratto.

Giova precisare che l’articolo 1467, comma 2 Codice Civile stabilisce che “la risoluzione non può essere domandata se la sopravvenuta onerosità rientra nell’alea normale del contratto”, riferendosi al fattore di rischio insito in ogni contrattazione.

In tema di sopravvenienze, rilevano poi il recesso unilaterale e il mutuo dissenso.

Quanto al recesso, si tratta di un negozio giuridico unilaterale ricettizio attraverso il quale la parte di un contratto ne dispone lo scioglimento, in deroga al principio pacta sunt servanda ex articolo 1372 Codice Civile.

Il recesso è un istituto eccezionale che opera solo ove previsto dalla legge o dalla convenzione pattizia. Quindi, il recesso può essere legale, quando è previsto dalla legge (ad esempio, articoli 1569, 1750, 1810, 1833 Codice Civile), o convenzionale, quando è previsto dalle parti nel contratto, secondo la disciplina indicata dall’articolo 1373 Codice Civile.

Infine, le parti del contratto possono fare fronte alle sopravvenienze tramite l’istituto del mutuo dissenso (o mutuo consenso), che è l’accordo contrattuale con cui le parti sciolgono un contratto precedentemente stipulato, estinguendone gli effetti.

Tale istituto è previsto dall’articolo 1372, comma 1, Codice Civile, secondo cui il contratto “non può essere sciolto che per mutuo consenso o per cause ammesse dalla legge”. Da questa disposizione si evince che i casi di risoluzione del contratto sono tutti tipici, mentre l’unica figura generale di risoluzione del contratto che non ha bisogno di tipizzazione è il mutuo dissenso. Ciò in quanto le parti, nella loro autonomia privata, possono decidere di creare un rapporto contrattuale, allo stesso modo le parti stesse possono esercitare l’autonomia contrattuale in senso opposto, cioè in chiave risolutoria del contratto precedentemente creato.

Continua a leggere l’articolo, accedi o abbonati a Filodiritto.

Abbonati per avere accesso illimitato a tutti i contenuti Premium.

Sei già abbonato? Effettua il Login.

Letture consigliate:

Articolo 1372 Codice Civile

Articoli 1463 Codice Civile e ss.

Articoli 1467 Codice Civile e ss.

F. GAZZONI, Manuale di diritto privato, Edizioni scientifiche italiane, Napoli, 2017, cap. XLII e ss.