x

x

Quel mitico stalker di Apollo: un delitto scolpito nel marmo del Bernini

Apollo e Dafne, Bernini, Galleria Borghese, Roma
Apollo e Dafne, Bernini, Galleria Borghese, Roma

Lo stalking è un reato di recente introduzione nel nostro ordinamento giuridico.

È infatti dal 2009 che tale condotta, concettualmente riconducibile al genus degli atti persecutori, è sanzionata ai sensi dell’articolo 612-bis del codice penale.

Si tratta, in buona sostanza, di uno spin-off evoluto della violenza privata, in cui gli aspetti stigmatizzanti sono caratterizzati dalla reiterazione di un comportamento volto a “cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura” nei riguardi della vittima.

Moderna la fattispecie delittuosa, antichissima la pratica ... incubata addirittura nel mito.

Facendo un balzo indietro nel tempo, la povera Dafne ne sapeva suo malgrado qualcosa al proposito.

La faccenda, per la cronaca, andò più o meno così (come racconta Ovidio nelle “Metamorfosi”).

Un giorno Apollo, dopo aver ucciso il temibile serpente Pitone, andò borioso e tronfio a pavoneggiarsi con Eros dell’eroica impresa. La sua apologetica autoreferenziale indispettì il dio dell’amore, che escogitò un piano diabolico per zittire le arroganti vanterie del novello miles gloriosus.

Dalla sua faretra estrasse due frecce: l’una, dalla punta d’oro, in grado di far innamorare; l’altra, dalla punta di piombo, dotata del potere opposto. Scoccò poi, in contemporanea, la prima dritta nel cuore del dio del sole, la seconda a trafiggere la graziosa ninfa delle acque dolci. Un gran pasticcio: non appena Apollo vide Dafne se ne invaghì perdutamente e ... stalkeraggio fu.

Le provò davvero tutte per conquistarla, con tanto di appostamenti, imboscate, inseguimenti su e giù per la Tessaglia. Niente da fare. Non se lo calcolava proprio. L’incredulo spasimante, dal canto suo, abituato ad averle tutte ai suoi piedi (era pur sempre un bel giovanotto munito di roboante carro, il classico buon partito degli alti quartieri olimpici), non si capacitava del rifiuto e non desisteva dal darle il tormento.

Finché, all’ennesimo tentativo di approccio, quando il focoso corteggiatore sembrava quasi in procinto di ghermirla, la naiade invocò esasperata l’aiuto del padre Peneo. Costui, per sottrarla all’ossessione (che rasentava la patologia mentale) dello scocciatore, la trasformò senza troppi fronzoli in un albero di alloro (Δάφνη=lauro).

Prodigiosa mutazione che si plasma nel celeberrimo gruppo scultoreoApollo e Dafne” del Bernini, esposto nella Galleria Borghese di Roma. L’artista, poco più che ventenne (siamo tra il 1622 ed il 1625), rese il gesto della “presa” sfuggente, colta nella dinamica dell’afferrare, con particolare potenza espressiva.

Lui, muscoli tesi e sguardo smarrito; lei, estremità che si fanno pianta e bocca semiaperta per lo spavento. Entrambi come trascinati dal vento. Una gamma di effetti, mobili e statici; un solo materiale: il versatile marmo.

Che cosa avrebbe rischiato Apollo ai giorni nostri? Secondo le disposizioni normative vigenti in materia, di base, la reclusione da sei mesi a quattro anni. Gli è andata decisamente meglio: non solo l’ha scampata bella, ma, grazie ad un abile scalpello, si è aggiudicato l’eternità in un capolavoro del barocco italiano di fama mondiale.