Tribunale Torre Annunziata: clausola continuazione società con eredi del socio
Alle suesposte conclusioni è pervenuto il Tribunale di Torre Annunziata, in composizione collegiale, con sentenza del 27.09.2009, con la quale ha deciso sulla validità di una clausola contenuta nei Patti sociali di una Società in nome collettivo.
La stessa prevedeva che il consenso degli eredi del socio defunto alla continuazione della società fosse da intendersi tacitamente prestato, in mancanza di esplicita manifestazione di volontà in tal senso, entro tre mesi dall’apertura della successione.
Il punto di partenza della ricognizione del Tribunale oplontino sulla materia è la disposizione di cui all’art. 2284 c. c., disciplinante l’ipotesi della morte del socio di una società di persone, a mente della quale “salvo contraria disposizione del contratto sociale, in caso di morte di uno dei soci, gli altri devono liquidare la quota agli eredi, a meno che preferiscano sciogliere la società ovvero continuarla con gli eredi e questi vi acconsentano”.
La citata sentenza analizza i limiti cui l’autonomia privata può derogare alla previsione legislativa, evidenziando come la volizione delle parti in tale ambito debba comunque tener conto di taluni principi in materia successoria e societaria, quali in particolare il divieto di patti successori ed il principio generale di manifestazione espressa di volontà per l’assunzione di responsabilità illimitata.
Nell’ambito delle diverse estrinsecazioni dell’autonomia privata in cui può articolarsi la clausola di continuazione, il Collegio distingue tra: a) clausole di continuazione facoltativa; b) clausole di continuazione obbligatoria; c) clausole di continuazione automatica. La clausola di continuazione facoltativa tipicamente incorpora il diritto potestativo per gli eredi del socio defunto di scegliere tra i) la continuazione della società con i soci superstiti oppure ii) la liquidazione della quota. La clausola sub b) determina l’obbligazione in capo agli eredi alla continuazione della società (in mancanza della quale sorge nei confronti degli stessi un obbligo risarcitorio a favore dei soci superstiti nel caso di mancata prestazione del consenso), mentre la clausola di continuazione automatica prevede l’ingresso automatico degli eredi del socio defunto nella società, contestualmente all’accettazione dell’eredità.
La pronuncia si sofferma inoltre ad analizzare la natura della clausola in questione, alla stregua della dottrina e della giurisprudenza.
La prima la riconduce, alternativamente, alla figura dell’opzione contrattuale (ex art. 1331 c. c.), ovvero a quella del contratto a favore di terzi (ai sensi dell’art. 1411 c. c.). Su quest’ultima tesi appare orientata la giurisprudenza di legittimità e di merito, ivi compresa la presente pronuncia.
Il perspicuo percorso argomentativo compiuto nella sentenza, della quale si raccomanda la lettura integrale, oltre a condurre alla declaratoria di illegittimità della clausola di continuazione come formulata in premessa, assume un notevole rilievo - in considerazione della centralità della problematica trattata - nella realtà italiana, caratterizzata dalla presenza di un numero notevole di imprese medio piccole a carattere familiare, per le quali si pone (o si porrà) il problema della successione e delle forme in cui questa potrà avvenire.
(Tribunale di Torre Annunziata, Seconda Sezione Civile, Sentenza 27 settembre 2009).
[Avv. Vincenzo Grimaldi]
Alle suesposte conclusioni è pervenuto il Tribunale di Torre Annunziata, in composizione collegiale, con sentenza del 27.09.2009, con la quale ha deciso sulla validità di una clausola contenuta nei Patti sociali di una Società in nome collettivo.
La stessa prevedeva che il consenso degli eredi del socio defunto alla continuazione della società fosse da intendersi tacitamente prestato, in mancanza di esplicita manifestazione di volontà in tal senso, entro tre mesi dall’apertura della successione.
Il punto di partenza della ricognizione del Tribunale oplontino sulla materia è la disposizione di cui all’art. 2284 c. c., disciplinante l’ipotesi della morte del socio di una società di persone, a mente della quale “salvo contraria disposizione del contratto sociale, in caso di morte di uno dei soci, gli altri devono liquidare la quota agli eredi, a meno che preferiscano sciogliere la società ovvero continuarla con gli eredi e questi vi acconsentano”.
La citata sentenza analizza i limiti cui l’autonomia privata può derogare alla previsione legislativa, evidenziando come la volizione delle parti in tale ambito debba comunque tener conto di taluni principi in materia successoria e societaria, quali in particolare il divieto di patti successori ed il principio generale di manifestazione espressa di volontà per l’assunzione di responsabilità illimitata.
Nell’ambito delle diverse estrinsecazioni dell’autonomia privata in cui può articolarsi la clausola di continuazione, il Collegio distingue tra: a) clausole di continuazione facoltativa; b) clausole di continuazione obbligatoria; c) clausole di continuazione automatica. La clausola di continuazione facoltativa tipicamente incorpora il diritto potestativo per gli eredi del socio defunto di scegliere tra i) la continuazione della società con i soci superstiti oppure ii) la liquidazione della quota. La clausola sub b) determina l’obbligazione in capo agli eredi alla continuazione della società (in mancanza della quale sorge nei confronti degli stessi un obbligo risarcitorio a favore dei soci superstiti nel caso di mancata prestazione del consenso), mentre la clausola di continuazione automatica prevede l’ingresso automatico degli eredi del socio defunto nella società, contestualmente all’accettazione dell’eredità.
La pronuncia si sofferma inoltre ad analizzare la natura della clausola in questione, alla stregua della dottrina e della giurisprudenza.
La prima la riconduce, alternativamente, alla figura dell’opzione contrattuale (ex art. 1331 c. c.), ovvero a quella del contratto a favore di terzi (ai sensi dell’art. 1411 c. c.). Su quest’ultima tesi appare orientata la giurisprudenza di legittimità e di merito, ivi compresa la presente pronuncia.
Il perspicuo percorso argomentativo compiuto nella sentenza, della quale si raccomanda la lettura integrale, oltre a condurre alla declaratoria di illegittimità della clausola di continuazione come formulata in premessa, assume un notevole rilievo - in considerazione della centralità della problematica trattata - nella realtà italiana, caratterizzata dalla presenza di un numero notevole di imprese medio piccole a carattere familiare, per le quali si pone (o si porrà) il problema della successione e delle forme in cui questa potrà avvenire.
(Tribunale di Torre Annunziata, Seconda Sezione Civile, Sentenza 27 settembre 2009).
[Avv. Vincenzo Grimaldi]