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Umanesimo, persona ed educazione

Educare ed educarsi è sempre stata una sfida e sempre lo sarà. Inoltre, il rischio, e l’inganno, di ridurre l’educazione e le sue modalità espressive, ad un periodo limitato della vita è forte
Educazione
Educazione

“Deve essere possibile seguire la tecnica nella strada su cui essa persegue uno scopo che abbia veramente un significato, permettere alle forze di tale tecnica di sviluppare tutto il loro dinamismo, anche se ciò dovesse sconvolgere l’antico ordine con le sue strutture; ma, nello stesso tempo, creare un ordine nuovo, un nuovo cosmo che dovrà sortire da una umanità portatasi a livello di queste forze” Questi pensieri, datati 1927, sono di Romano Guardini (1885-1968), filosofo e teologo veronese naturalizzato tedesco (R. Guardini, Lettere dal Lago di Como. La tecnica e l’uomo, tr. it. Giulietta Basso, Morcelliana, Brescia, 19932, p. 100).

Educare ed educarsi è sempre stata una sfida e sempre lo sarà. Inoltre, il rischio, e l’inganno, di ridurre l’educazione e le sue modalità espressive, ad un periodo limitato della vita è forte.

La sfasatura che si è prodotta tra strumentazione pedagogica, in generale, e la crescente complessità della convivenza nella società contemporanea esige un profondo ripensamento del rapporto persona-educazione.

Già Pico della Mirandola (1463-1494) nella celeberrima Oratio de hominis dignitate esalta la libertà dell’uomo e sembra, ante litteram, contornare visioni modernissime. Egli sosteneva che ogni realtà vivente possiede una natura propria la quale ne condiziona l’agire: il gatto vivrà gattinamente, il cavallo cavallinamente, etc.

L’essere umano, viceversa, non possiede una natura che lo costringa: l’uomo si costituisce agendo ed è padre a sé stesso. L’uomo ha una sola condizione che consiste nella mancanza di condizioni: gode della libertà. L’uomo è “costretto” ad essere libero, a costruirsi con le sue mani.

In queste espressioni possiamo riconoscere la peculiarità intrinseca della grandezza umana: si tratta dell’interazione natura-cultura. La natura dell’uomo è la sua cultura e l’ermeneutica del suo essere e del suo essere-nel-mondo è la progettualità che egli ha di sé stesso in quanto capace di pensare per agire. In questa cognizione gli Studia Humanitatis divennero, simbolicamente parlando, il modo di concepire non solo la letteratura bensì la vita stessa.

Non esiste una determinazione universalmente riconosciuta del concetto di educazione, né nel linguaggio quotidiano né nelle scienze umane. Ciò dipende dal fatto che l’educazione non è un dato suscettibile di osservazione diretta, bensì un’attività umana, che da una parte è sempre determinata socialmente e storicamente, e quindi mutevole, dall’altra ha bisogno di una legittimazione della sua esattezza sociale e storica che non acquisisce direttamente.

A complicare la questio, si aggiunge poi tal dato di fatto: nel comune parlare si fa uso di due termini: educazione e formazione. Essi, spesse volte, vengono impiegati come sinonimi, talora, invece, come concetti distinti. L’uso differenziato si sviluppò alla fine del XVIII secolo, quando l’illuminismo tentò di raggiungere la realizzazione dell’ideale borghese (presenza dell’idea di umanità in ogni individuo), avviata nella rivoluzione francese per mezzo di una “formazione superiore” pedagogica della società, mancando una classe politica emancipata.

Quanto meno per togliere un minimo di sinonimia, proponiamo due distinte definizioni, ovviamente, aperte. Con il sostantivo/concetto educazione possiamo intendere, in generale, quei fenomeni e processi attraverso i quali la “generazione emergente” è chiamata ad imparare l’assunzione di responsabilità inerenti al quadro della situazione sociale data. Complementarmente, il termine formazione designa la prospettiva critica sulle responsabilità sociali e sulla loro realizzazione nella prassi.

I canoni ed i mezzi educativi e formativi dipendono quindi sia dall’autocomprensione, ovvero dal mettersi in gioco onestamente (riconoscimento del valere dei valori e compiti che seguono la declinazione storico-pratica) come pure dalla struttura sociale e dall’ambiente (risorse a disposizione nella consapevolezza della sostenibilità da coniugare con il valere dei valori sopracitato).

L’educazione autentica, rifacendoci all’etimologia latina educĕre: trarre fuori, allevare, si sostiene se concepita come pratica ed orientatrice del processo nel quale l’essere umano, ogni essere umano, educandosi si rende capace di un confronto critico con le istanze sociali e professionali che si presentano innanzi a lui così da rendersi capace di collaborare all’umanizzazione della società.

Non lasciandosi sopraffare dal perfezionismo (Cfr. Barbara Neri https://www.filodiritto.com/il-leader-imperfezionista) sente vivo il continuo travaglio dell’auto-educarsi.

Una dinamica educativa personale che prenda posizione per un’umanizzazione globale – la quale non sia disposta a sacrificare le dimensioni profonde dell’esistenza umana agli interessi funzionali e tecnologici della società – dovrà optare proprio per quel profilo pratico e orientativo dell’agire umano come capace di formare ed indirizzare la libertà della persona.

L’essere umano è sempre, e sempre rimarrà, un educando. Riconoscendosi in questa perenne “condizione”, imparerà a comportarsi in maniera responsabile nelle situazioni presenti e future.