Cassazione Civile: dovere di correttezza delle banche e diligenza nei rapporti con i clienti

Con la Sentenza in oggetto gli avv.ti Giacomo Lisi e Andrea Lisi dello Studio Legale Lisi hanno portato a conclusione un’altra “battaglia” contro una certa arroganza che contraddistingue i nostri istituti bancari.

I fatti riguardano l’impugnazione di una sentenza della Corte di Appello di Lecce con la quale si era stabilito che una banca “viene certamente meno ai propri doveri di correttezza e diligenza, allorchè, pur essendo stata informata della morte del depositante e del mancato rinvenimento del certificato di deposito, ha comunque provveduto al pagamento del libretto senza alcun preventivo controllo sull’effettiva legittimazione del portatore e senza fornire indicazioni sulla sua identità”.

In poche parole, l’istituto bancario aveva provveduto all’incauto pagamento del libretto presentato all’incasso, nonostante fosse stata preavvertita della morte del depositante, e giustificava processualmente il suo colpevole comportamento adducendo pretestuosi motivi legati alla tutela del riserbo delle informazioni bancarie e alla privacy del possessore del libretto di deposito!

La Suprema Corte, richiamando un proprio precedente orientamento, ha ribadito che “alla luce del generale obbligo di particolare correttezza e diligenza che grava sulla banca nella esecuzione dei contratti con i clienti, l’art. 1836 c.c. impone che, in caso di presentazione di libretto di deposito a risparmio pagabile al portatore, vengano realizzate tutte le attività strumentali necessarie a garantire l’effettivo titolare del diritto; conseguentemente alla banca compete il potere-dovere di esercitare il controllo sulla legittimazione del presentatore e sulla sussistenza dei presupposti per il valido esercizio della pretesa, provvedendo – qualora ricorrano circostante tali da giustificare il sospetto che il presentatore non sia titolare del diritto alla restituzione – agli opportuni accertamenti (identificazione, richiesta di chiarimenti) e se del caso rifiutando il rimborso; pertanto la banca che adempie la prestazione nei confronti del terzo senza assumere le necessarie cautele versa in stato di colpa grave e non è liberata dall’obbligo di restituzione nei confronti del vero titolare” (Cass., sez. I, 3 maggio 1999, n.4389, m. 525955).

La Suprema Corte ha, quindi, ritenuto corretta la decisione della Corte di Appello di Lecce la quale ha ravvisato una colpa grave, a norma dell’art. 1836 c.c., nel comportamento di una banca qualora quest’ultima ometta qualsiasi cautela e paghi un titolo di credito al presentatore, benché fosse stata preavvertita della morte del depositante e dell’intenzione degli eredi di denunciarne lo smarrimento.

Le informazioni ricevute, in particolare la morte del depositante e il temuto smarrimento del titolo, avrebbero dovuto indurre la Banca ad una maggiore cautela prima del pagamento al presentatore.

Inoltre, con tale comportamento, la banca aveva lasciato senza prove il pagamento del libretto ad un terzo e aveva comunque finito per impedire alle eredi qualsiasi iniziativa giudiziaria a tutela dei diritti di successione delle ricorrenti.

A nulla sono, poi, valse le contestazioni sollevate dalla banca: il fatto che l’avvertimento relativo alla morte del depositante non sia stato documentato e sia venuto da persona non identificata è stato giustamente considerato come una ulteriore ammissione di responsabilità da parte della banca. La Suprema Corte ha, infatti, ribadito che “di fronte ad una persona che si presenta come figlia del depositante e ne comunica la morte, manifestando l’intento di denunciare lo smarrimento del titolo, era preciso dovere della banca verificare l’attendibilità delle informazioni, almeno identificando la persona che le forniva”.

(Corte di Cassazione - Sezione Prima Civile, 28 maggio 2009, n. 17039).

[Avv. Luigi Foglia ]

Con la Sentenza in oggetto gli avv.ti Giacomo Lisi e Andrea Lisi dello Studio Legale Lisi hanno portato a conclusione un’altra “battaglia” contro una certa arroganza che contraddistingue i nostri istituti bancari.

I fatti riguardano l’impugnazione di una sentenza della Corte di Appello di Lecce con la quale si era stabilito che una banca “viene certamente meno ai propri doveri di correttezza e diligenza, allorchè, pur essendo stata informata della morte del depositante e del mancato rinvenimento del certificato di deposito, ha comunque provveduto al pagamento del libretto senza alcun preventivo controllo sull’effettiva legittimazione del portatore e senza fornire indicazioni sulla sua identità”.

In poche parole, l’istituto bancario aveva provveduto all’incauto pagamento del libretto presentato all’incasso, nonostante fosse stata preavvertita della morte del depositante, e giustificava processualmente il suo colpevole comportamento adducendo pretestuosi motivi legati alla tutela del riserbo delle informazioni bancarie e alla privacy del possessore del libretto di deposito!

La Suprema Corte, richiamando un proprio precedente orientamento, ha ribadito che “alla luce del generale obbligo di particolare correttezza e diligenza che grava sulla banca nella esecuzione dei contratti con i clienti, l’art. 1836 c.c. impone che, in caso di presentazione di libretto di deposito a risparmio pagabile al portatore, vengano realizzate tutte le attività strumentali necessarie a garantire l’effettivo titolare del diritto; conseguentemente alla banca compete il potere-dovere di esercitare il controllo sulla legittimazione del presentatore e sulla sussistenza dei presupposti per il valido esercizio della pretesa, provvedendo – qualora ricorrano circostante tali da giustificare il sospetto che il presentatore non sia titolare del diritto alla restituzione – agli opportuni accertamenti (identificazione, richiesta di chiarimenti) e se del caso rifiutando il rimborso; pertanto la banca che adempie la prestazione nei confronti del terzo senza assumere le necessarie cautele versa in stato di colpa grave e non è liberata dall’obbligo di restituzione nei confronti del vero titolare” (Cass., sez. I, 3 maggio 1999, n.4389, m. 525955).

La Suprema Corte ha, quindi, ritenuto corretta la decisione della Corte di Appello di Lecce la quale ha ravvisato una colpa grave, a norma dell’art. 1836 c.c., nel comportamento di una banca qualora quest’ultima ometta qualsiasi cautela e paghi un titolo di credito al presentatore, benché fosse stata preavvertita della morte del depositante e dell’intenzione degli eredi di denunciarne lo smarrimento.

Le informazioni ricevute, in particolare la morte del depositante e il temuto smarrimento del titolo, avrebbero dovuto indurre la Banca ad una maggiore cautela prima del pagamento al presentatore.

Inoltre, con tale comportamento, la banca aveva lasciato senza prove il pagamento del libretto ad un terzo e aveva comunque finito per impedire alle eredi qualsiasi iniziativa giudiziaria a tutela dei diritti di successione delle ricorrenti.

A nulla sono, poi, valse le contestazioni sollevate dalla banca: il fatto che l’avvertimento relativo alla morte del depositante non sia stato documentato e sia venuto da persona non identificata è stato giustamente considerato come una ulteriore ammissione di responsabilità da parte della banca. La Suprema Corte ha, infatti, ribadito che “di fronte ad una persona che si presenta come figlia del depositante e ne comunica la morte, manifestando l’intento di denunciare lo smarrimento del titolo, era preciso dovere della banca verificare l’attendibilità delle informazioni, almeno identificando la persona che le forniva”.

(Corte di Cassazione - Sezione Prima Civile, 28 maggio 2009, n. 17039).

[Avv. Luigi Foglia ]