Cassazione Civile: ripartizione dell’onere della prova nell’istruttoria prefallimentare

La Cassazione si è espressa in merito alla ripartizione dell’onere della prova nella fase prefallimentare, ricordando innanzitutto che "secondo quanto prevede l’art. 1 legge fallimentare, gli imprenditori che esercitano un’attività commerciale non sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo, quando dimostrino il possesso congiunto di determinati requisiti patrimoniali ed economici, che vanno desunti comunque almeno dai bilanci relativi agli ultimi tre esercizi, al cui deposito il debitore è tenuto a norma dell’art. 15 comma 4 legge fallo ai fini appunto della decisione sulla richiesta di fallimento".

Secondo la Cassazione: "L’onere della prova dell’inammissibilità del fallimento incombe dunque sul debitore contro il quale sia stata presentata la relativa istanza, anche se l’onere della prova della sua qualità di imprenditore commerciale incombe sul creditore istante. E benché non abbiano certamente valore di prova legale, i bilanci relativi agli ultimi tre esercizi sono la base documentale imprescindibile della dimostrazione che il debitore ha l’onere di fornire per sottrarsi alla dichiarazione del fallimento. Sicché la mancata produzione dei bilanci non può che risolversi in danno del debitore, a meno che la prova dell’inammissibilità del fallimento non possa desumersi da documenti altrettanto significativi.

Infatti le norme che distribuiscono tra le parti l’onere della prova individuano la parte cui la decisione risulterà sfavorevole anche se risultasse solo incerto alcuno dei fatti rilevanti, posto che il procedimento giurisdizionale non può concludersi con un non liquet e quindi una decisione deve essere comunque assunta, pur quando manchino tutte le informazioni necessarie ad accertare i fatti costitutivi o modificativi o impeditivi o estintivi dei diritti controversi".

(Corte di Cassazione - Prima Sezione Civile, Sentenza 15 maggio 2009, n.11309: Istruttoria prefallimentare - Onere della prova - Ripartizione).

La Cassazione si è espressa in merito alla ripartizione dell’onere della prova nella fase prefallimentare, ricordando innanzitutto che "secondo quanto prevede l’art. 1 legge fallimentare, gli imprenditori che esercitano un’attività commerciale non sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo, quando dimostrino il possesso congiunto di determinati requisiti patrimoniali ed economici, che vanno desunti comunque almeno dai bilanci relativi agli ultimi tre esercizi, al cui deposito il debitore è tenuto a norma dell’art. 15 comma 4 legge fallo ai fini appunto della decisione sulla richiesta di fallimento".

Secondo la Cassazione: "L’onere della prova dell’inammissibilità del fallimento incombe dunque sul debitore contro il quale sia stata presentata la relativa istanza, anche se l’onere della prova della sua qualità di imprenditore commerciale incombe sul creditore istante. E benché non abbiano certamente valore di prova legale, i bilanci relativi agli ultimi tre esercizi sono la base documentale imprescindibile della dimostrazione che il debitore ha l’onere di fornire per sottrarsi alla dichiarazione del fallimento. Sicché la mancata produzione dei bilanci non può che risolversi in danno del debitore, a meno che la prova dell’inammissibilità del fallimento non possa desumersi da documenti altrettanto significativi.

Infatti le norme che distribuiscono tra le parti l’onere della prova individuano la parte cui la decisione risulterà sfavorevole anche se risultasse solo incerto alcuno dei fatti rilevanti, posto che il procedimento giurisdizionale non può concludersi con un non liquet e quindi una decisione deve essere comunque assunta, pur quando manchino tutte le informazioni necessarie ad accertare i fatti costitutivi o modificativi o impeditivi o estintivi dei diritti controversi".

(Corte di Cassazione - Prima Sezione Civile, Sentenza 15 maggio 2009, n.11309: Istruttoria prefallimentare - Onere della prova - Ripartizione).