Cassazione Penale: limiti per il risarcimento del danno non patrimoniale da reato
Secondo la Cassazione: "Nell’esigenza avvertita di evitare rischi di duplicazione del risarcimento del medesimo pregiudizio e nell’intento di arginare un’anomala estensione della risarcibilità del c.d. "danno esistenziale", le Sezioni Unite dopo aver riaffermato che il danno non patrimoniale è risarcibile solo nei casi previsti dalla legge, hanno precisato che la nozione di danno non patrimoniale è ampia ed omnicomprensiva, e che "la perdita di una persona cara implica necessariamente una sofferenza morale, la quale non costituisce un danno autonomo, ma rappresenta un aspetto - del quale tenere conto, unitamente a tutte le altre conseguenze, nella liquidazione unitaria ed omnicomprensiva - del danno non patrimoniale..." (Cass. Sez.Un. Civ., 269728, rv. 605496); per cui "...è inammissibile, perché costituisce una duplicazione risarcitoria, la congiunta attribuzione alla vittima..., ove derivanti da reato, del risarcimento sia per il danno biologico, sia per il danno morale, inteso quale sofferenza soggettiva, il quale costituisce necessariamente una componente del primo (posto che qualsiasi lesione della salute implica necessariamente una sofferenza fisica o psichica), come pure la liquidazione del danno biologico separatamente da quello c.d. estetico, da quello alla vita di relazione e da quello cosiddetto esistenziale" (Cass. S.V. cit., rv. 605495).
Ne consegue che alla vittima di un fatto illecito può essere risarcita una unica e onnicomprensiva voce di danno non patrimoniale, in cui devono rientrare tutti i pregiudizi non patrimoniali patiti e senza duplicazioni. Ne caso di specie, il riconoscimento del danno morale e del danno biologico, fatto dal giudice del merito in favore delle parti civili, è antecedente alla chiarificazione giurisprudenziale delle Sezioni Unite. Pertanto spetterà al giudice civile stabilire se il danno "morale" già liquidato è satisfattivo di tutti i danni non patrimoniali patiti dalle parti civili, ovvero necessita di un ’ulteriore integrazione per il pregiudico biologico, inteso non come autonoma voce di danno, ma come componente dell’unitario danno non patrimoniale".
La sentenza è integralmente consultabile sul sito della Cassazione.
(Corte di Cassazione - Sezione Quarta Penale, Sentenza 12 maggio 2009, n.21505: Parte civile in processo penale - Condizioni per il risarcimento del danno non patrimoniale da reato).
Secondo la Cassazione: "Nell’esigenza avvertita di evitare rischi di duplicazione del risarcimento del medesimo pregiudizio e nell’intento di arginare un’anomala estensione della risarcibilità del c.d. "danno esistenziale", le Sezioni Unite dopo aver riaffermato che il danno non patrimoniale è risarcibile solo nei casi previsti dalla legge, hanno precisato che la nozione di danno non patrimoniale è ampia ed omnicomprensiva, e che "la perdita di una persona cara implica necessariamente una sofferenza morale, la quale non costituisce un danno autonomo, ma rappresenta un aspetto - del quale tenere conto, unitamente a tutte le altre conseguenze, nella liquidazione unitaria ed omnicomprensiva - del danno non patrimoniale..." (Cass. Sez.Un. Civ., 269728, rv. 605496); per cui "...è inammissibile, perché costituisce una duplicazione risarcitoria, la congiunta attribuzione alla vittima..., ove derivanti da reato, del risarcimento sia per il danno biologico, sia per il danno morale, inteso quale sofferenza soggettiva, il quale costituisce necessariamente una componente del primo (posto che qualsiasi lesione della salute implica necessariamente una sofferenza fisica o psichica), come pure la liquidazione del danno biologico separatamente da quello c.d. estetico, da quello alla vita di relazione e da quello cosiddetto esistenziale" (Cass. S.V. cit., rv. 605495).
Ne consegue che alla vittima di un fatto illecito può essere risarcita una unica e onnicomprensiva voce di danno non patrimoniale, in cui devono rientrare tutti i pregiudizi non patrimoniali patiti e senza duplicazioni. Ne caso di specie, il riconoscimento del danno morale e del danno biologico, fatto dal giudice del merito in favore delle parti civili, è antecedente alla chiarificazione giurisprudenziale delle Sezioni Unite. Pertanto spetterà al giudice civile stabilire se il danno "morale" già liquidato è satisfattivo di tutti i danni non patrimoniali patiti dalle parti civili, ovvero necessita di un ’ulteriore integrazione per il pregiudico biologico, inteso non come autonoma voce di danno, ma come componente dell’unitario danno non patrimoniale".
La sentenza è integralmente consultabile sul sito della Cassazione.
(Corte di Cassazione - Sezione Quarta Penale, Sentenza 12 maggio 2009, n.21505: Parte civile in processo penale - Condizioni per il risarcimento del danno non patrimoniale da reato).