Cassazione Tributaria: regime fiscale dell’immobile di interesse storico-artistico
«In tema di imposte sui redditi, l’art. 11, comma secondo, della legge 30 dicembre 1991, n. 413, deve essere inteso come norma contenente l’esclusiva ed esaustiva disciplina per la fissazione dell’imponibile rispetto agli edifici di interesse storico od artistico, da effettuarsi sempre con riferimento alla più bassa delle tariffe d’estimo previste per le abitazioni della zona censuaria nella quale è collocato il fabbricato. Ai fini dell’applicazione di siffatto regime impositivo, che deve ritenersi di carattere speciale e non meramente agevolativo, non ha rilevanza né la destinazione, abitativa o non abitativa, dell’immobile soggetto a vincolo, né la circostanza che il medesimo sia locato a terzi, né la categoria catastale nella quale lo stesso sia classificato».
Secondo la Cassazione, infatti: "esaminando il comma 2 dell’art. 11, L. n. 413 del 1991 - il «reddito degli immobili riconosciuti di interesse storico o artistico», dice la norma, è determinato...» - appare immediatamente evidente che l’oggetto dell’imposizione è individuato tout court negli immobili soggetti a vincolo storico-artistico, senza che sia aggiunta alcuna altra aggettivazione o qualificazione che autorizzi l’interprete a dame una specificazione, ad es. la classificazione in una determinata categoria catastale, ulteriore rispetto alla qualità - carattere storico-artistico - che il legislatore ha ritenuto determinante al fine di sottoporre gli immobili in questione ad uno speciale regime impositivo, tanto più che la norma in questione espressamente dispone che tale regime si applica «in ogni caso». La scelta del legislatore di far riferimento ad un criterio astratto -«in ogni caso il reddito... è determinato mediante l’applicazione della minore tra le tariffe d’estimo previste per le abitazioni della zona censuaria nella quale è collocato il fabbricato» -, se valutato anche alla luce di quanto si è dapprima osservato, rafforza l’idea dell’inesistenza di un nesso tra lo strumento prescelto per la determinazione del reddito e la categoria catastale nella quale sia per avventura classificato l’immobile soggetto a vincolo storico-artistico. Con la conseguenza che non è consentito all’interprete introdurre una limitazione all’applicabilità della norma che ridurrebbe il valore dell’espressione "in ogni caso" utilizzata dal legislatore e svaluterebbe anche la qualità, il carattere storico-artistico dell’immobile, che rappresenta, nell’insindacabile scelta legislativa, l’unica ragione giustificatrice dell’applicazione di un regime impositivo speciale.
D’altro canto, come ha chiarito la Corte costituzionale nella sentenza n. 346 del 2003, la scelta del legislatore appare «tutt’altro che arbitraria o irragionevole, in considerazione del complesso di vincoli ed obblighi gravanti per legge sulla proprietà di siffatti beni quale riflesso della tutela costituzionale loro garantita dall’art. 9, secondo comma, della Costituzione». Ed è chiaro che questo «complesso di vincoli ed obblighi gravanti per legge sulla proprietà di siffatti beni quale riflesso della tutela costituzionale loro garantita dall’art. 9, secondo comma, della Costituzione» non muta, né nella sostanza, né nella gravosità, a seconda della destinazione, ad uso abitativo o ad uso diverso, o anche della categoria catastale di classificazione dell’immobile che ne sia specificamente oggetto, costituendo gli immobili di interesse storico-artistico, sotto indicato aspetto, una categoria omogenea".
La sentenza è integralmente consultabile sul sito della Cassazione.
(Corte di Cassazione - Sezione Tributaria, Sentenza 18 giugno 2009, n. 14149).
«In tema di imposte sui redditi, l’art. 11, comma secondo, della legge 30 dicembre 1991, n. 413, deve essere inteso come norma contenente l’esclusiva ed esaustiva disciplina per la fissazione dell’imponibile rispetto agli edifici di interesse storico od artistico, da effettuarsi sempre con riferimento alla più bassa delle tariffe d’estimo previste per le abitazioni della zona censuaria nella quale è collocato il fabbricato. Ai fini dell’applicazione di siffatto regime impositivo, che deve ritenersi di carattere speciale e non meramente agevolativo, non ha rilevanza né la destinazione, abitativa o non abitativa, dell’immobile soggetto a vincolo, né la circostanza che il medesimo sia locato a terzi, né la categoria catastale nella quale lo stesso sia classificato».
Secondo la Cassazione, infatti: "esaminando il comma 2 dell’art. 11, L. n. 413 del 1991 - il «reddito degli immobili riconosciuti di interesse storico o artistico», dice la norma, è determinato...» - appare immediatamente evidente che l’oggetto dell’imposizione è individuato tout court negli immobili soggetti a vincolo storico-artistico, senza che sia aggiunta alcuna altra aggettivazione o qualificazione che autorizzi l’interprete a dame una specificazione, ad es. la classificazione in una determinata categoria catastale, ulteriore rispetto alla qualità - carattere storico-artistico - che il legislatore ha ritenuto determinante al fine di sottoporre gli immobili in questione ad uno speciale regime impositivo, tanto più che la norma in questione espressamente dispone che tale regime si applica «in ogni caso». La scelta del legislatore di far riferimento ad un criterio astratto -«in ogni caso il reddito... è determinato mediante l’applicazione della minore tra le tariffe d’estimo previste per le abitazioni della zona censuaria nella quale è collocato il fabbricato» -, se valutato anche alla luce di quanto si è dapprima osservato, rafforza l’idea dell’inesistenza di un nesso tra lo strumento prescelto per la determinazione del reddito e la categoria catastale nella quale sia per avventura classificato l’immobile soggetto a vincolo storico-artistico. Con la conseguenza che non è consentito all’interprete introdurre una limitazione all’applicabilità della norma che ridurrebbe il valore dell’espressione "in ogni caso" utilizzata dal legislatore e svaluterebbe anche la qualità, il carattere storico-artistico dell’immobile, che rappresenta, nell’insindacabile scelta legislativa, l’unica ragione giustificatrice dell’applicazione di un regime impositivo speciale.
D’altro canto, come ha chiarito la Corte costituzionale nella sentenza n. 346 del 2003, la scelta del legislatore appare «tutt’altro che arbitraria o irragionevole, in considerazione del complesso di vincoli ed obblighi gravanti per legge sulla proprietà di siffatti beni quale riflesso della tutela costituzionale loro garantita dall’art. 9, secondo comma, della Costituzione». Ed è chiaro che questo «complesso di vincoli ed obblighi gravanti per legge sulla proprietà di siffatti beni quale riflesso della tutela costituzionale loro garantita dall’art. 9, secondo comma, della Costituzione» non muta, né nella sostanza, né nella gravosità, a seconda della destinazione, ad uso abitativo o ad uso diverso, o anche della categoria catastale di classificazione dell’immobile che ne sia specificamente oggetto, costituendo gli immobili di interesse storico-artistico, sotto indicato aspetto, una categoria omogenea".
La sentenza è integralmente consultabile sul sito della Cassazione.
(Corte di Cassazione - Sezione Tributaria, Sentenza 18 giugno 2009, n. 14149).