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CEDU e diritto penale: sviluppi giurisprudenziali del primo trimestre 2021

ECHR and criminal law: case law developments of the first quarter of 2021
Siamo (noi) la più grande tempesta
Ph. Paolo Panzacchi / Siamo (noi) la più grande tempesta

Abstract:

Il secondo numero de “La Lente di Strasburgo” fa il punto sugli sviluppi intervenuti nella giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo nel primo trimestre 2021.

The second issue of “La Lente di Strasburgo” summarizes the developments of the ECtHR’s case law in the first quarter of 2021.

 

Sommario:

Rassegna giurisprudenza CEDU (gennaio-marzo 2021)

1. Equo processo penale (art. 6 CEDU)

1.1 Natura penale di un’offesa minore

1.2 Imparzialità del giudice

1.3 Eccessiva durata e diritti della persona offesa

1.4 Principio di immediatezza

1.5 Testimoni e giudizio abbreviato

1.6 Testimoni a carico e a discarico

2. Principio di legalità penale (art. 7 CEDU)

2.1 Inapplicabilità del principio di irretroattività alle misure di sicurezza

3. Diritto di proprietà (art. 1 Protocollo 1)

3.1 Sequestri preventivi

 

Summary:

ECtHR case law review (January- March 2021)

1. Fair criminal trial (art. 6 ECHR)

1.1 Criminal nature of a minor offence

1.2 Impartial tribunal

1.3 Excessive length of the proceedings and civil party claims

1.4 The principle of immediacy

1.5 Witnesses and summary procedure

1.6 Witnesses for the prosecution and witnesses for the defense

2. Principle of legality in criminal law (art. 7 ECHR)

2.1 Non-applicability of the non-retroactivity principle to security measures

3. Protection of property (art. 1 Protocol 1)

3.1 Seizure of assets

 

Rassegna giurisprudenza CEDU (gennaio-dicembre 2020)

1. Equo processo penale (art. 6 CEDU)

1.1 Natura penale di un’offesa minore

Buliga c. Romania, n. 22003/12, CtEDU (Sezione IV) sentenza del 16 febbraio 2021[1]

[1] Definitiva il 16 maggio 2021 in assenza di rinvio in Grande Camera ex art. 44 CEDU.

Il caso

Il ricorrente, indagato per un reato minore contro la proprietà, era assolto per particolare tenuità del fatto con contestuale applicazione di una sanzione pecuniaria formalmente amministrativa. Il ricorrente adiva la Corte di Strasburgo lamentando violazione dei principi dell’equo processo penale.

Principi rilevanti e case law

Al fine di determinare la natura “penale” di una sanzione in ambito CEDU è necessario verificare il ricorrere di uno (o più) dei c.d. criteri Engel: classificazione dell’illecito secondo il diritto nazionale; natura dell’illecito; grado di severità della sanzione. Da questi criteri non si desume la necessità che l’offesa raggiunga un certo grado di severità.

[Per approfondire: Engel e altri c. Paesi Bassi , 5100/71, CtEDU (Plenaria), 8 giugno 1976; Mihalache c. Romania, n. 54012/10, CtEDU (Grande Camera), 8 luglio 2019]

Conclusione

Applicabilità delle garanzie del processo penale e violazione dell’art. 6 § 1 CEDU.

La sanzione imposta aveva finalità punitiva e deterrente, tutelava un interesse tipicamente oggetto di tutela penale, era prevista da una disposizione del codice penale ed era stata applicata a valle di un processo penale da parte del pubblico ministero. La modestia della sanzione (circa 190 euro) e della sottostante offesa non ne escludono la natura sostanzialmente penale, con conseguente applicabilità di tutte le garanzie dell’equo processo penale.

 

1.2 Imparzialità del giudice

Meng c. Germania, n. 1128/17, CtEDU (Sezione III), sentenza del 16 febbraio 2021[2].

Il caso

La ricorrente era condannata come mandante dell’omicidio del marito. Il presidente del collegio giudicante era stato giudice relatore nel separato processo penale a carico dell’autore materiale del reato. La sentenza emessa in quella sede faceva chiaro riferimento all’esistenza di un accordo criminoso tra la ricorrente e l’autore dell’omicidio. Davanti la Corte di Strasburgo la ricorrente lamentava la mancanza di imparzialità del tribunale che l’aveva giudicata.

Principi rilevanti e case law

L’imparzialità del giudice si determina in base ad un test soggettivo, che ha riguardo alle convinzioni personali e al comportamento del giudice in un dato procedimento, e ad un test oggettivo, che impone di verificare se il giudice offriva garanzie sufficienti ad escludere ogni legittimo dubbio circa la sua imparzialità.

Il fatto che un giudice abbia già reso decisioni nei confronti dell’imputato in una diversa fase della medesima procedura, o abbia reso sentenza in un separato giudizio nei confronti di un coimputato, non sono elementi di per sé sufficienti ad adombrare dubbi sulla sua imparzialità. Tuttavia, possono esservi legittimi sospetti di carenza di imparzialità quando le decisioni precedentemente assunte contengono una dettagliata valutazione del ruolo e del coinvolgimento dell’imputato nel reato, o accertano il ricorrere dei requisiti per l’affermazione della sua responsabilità penale, e soprattutto quando contengono anche una valutazione giuridica dei fatti attribuiti all’imputato.

Nel valutare l’imparzialità oggettiva di un giudice, la Corte valuta anche se nel giudizio posteriore è stata effettuata una valutazione ex novo dei fatti, sulla base di prove raccolte in quella sede e senza riferimenti alle risultanze probatorie del precedente procedimento.

[Per approfondire: Ferrantelli e Santangelo c. Italia , n. 19874/92, CtEDU 7 agosto 1996; Rojas Morales c. Italia, n. 39676/98, CtEDU (Sezione II), 16 novembre 2000; Miminoshvili c. Russia , n. 20197/03, CtEDU (Sezione I), 28 giugno 2011]

Conclusione

Violazione dell’articolo 6 § 1 CEDU. Vi erano ragioni obiettive che validavano il legittimo sospetto della ricorrente circa la carenza di imparzialità del giudice, poiché la sentenza resa nei confronti del coimputato conteneva ampi accertamenti fattuali che la riguardavano, e tali accertamenti, con la relativa qualificazione giuridica, le assegnavano un preciso ruolo di complice nell’omicidio del marito.

 

1.3 Eccessiva durata e diritti della persona offesa

Petrella c. Italia, n. 24340/07 CtEDU (Sezione I), sentenza del 18 marzo 2021[3]

Il caso

Nel 2001 il ricorrente proponeva querela per diffamazione a mezzo stampa. Nel 2006 il pubblico ministero chiedeva l’archiviazione per estinzione del reato, che veniva accolta nel 2007. Il ricorrente adiva la Corte di Strasburgo lamentando l’eccessiva durata delle indagini preliminari e l’inesistenza di un rimedio, per la persona offesa non ancora costituita parte civile, di far valere a livello interno tale problema.

Principi rilevanti e case law

La CEDU non conferisce un diritto a far perseguire o condannare penalmente terzi. Tuttavia, la vittima del reato potrà invocare le garanzie dell’articolo 6 CEDU (sub specie di equità civile), ogniqualvolta il processo penale sia “determinante per un diritto di natura civile”, ad esempio perché da esso dipende la tutela della reputazione, o il risarcimento del danno da reato.

[Per approfondire: Perez c. Francia, n. 47287/99, CtEDU (Grande Camera), 12 febbraio 2004; Gorou c. Frecia (n. 3), n. 21845/03, CtEDU (Sezione I), 22 giugno 2006]

Con specifico riferimento all’ordinamento italiano, l’articolo 6 CEDU (sub specie di equità civile) deve ritenersi applicabile non solo alla vittima che si sia già costituita parte civile, ma anche alla persona offesa che, in attesa di potersi costituire parte civile, abbia esercitato in sede penale almeno uno dei diritti e facoltà che le sono riconosciute dall’ordinamento. Per tale persona, il requisito della “ragionevole durata” del processo si computa a partire dal momento in cui esercita uno di tali diritti e facoltà, così dimostrando l’interesse alla riparazione pecuniaria del danno subito, o alla tutela del suo diritto di carattere civile.

[Per approfondire: Patrono, Cascini e Stefanelli c. Italia, n. 10180/04, CtEDU (Sezione I), 20 aprile 2006; Sottani c. Italia (dec.), n. 26755/02, CtEDU (Sezione III), 24 febbraio 2005; Arnoldi c. Italia, n. 35637/04, CtEDU (Sezione I), 7 dicembre 2017]

Un ricorso gerarchico non è un rimedio effettivo da esperire ai fini dell’esaurimento delle vie di ricorso interne ex art. 35 CEDU quando esso non conferisce al ricorrente il diritto individuale di ottenere dallo Stato l’esercizio dei suoi poteri di sorveglianza.

[Sürmeli c. Germania, n. 75529/01, CtEDU (Grande Camera) 8 febbraio 2006]

Il diritto di accesso è un aspetto del diritto a un tribunale tutelato dall’articolo 6 CEDU. Il diritto di accesso a un tribunale non è assoluto, prestandosi per sua natura a una regolamentazione da parte dello Stato. Tuttavia, eventuali limitazioni del diritto di accesso devono essere legittime e proporzionate, e la proporzionalità manca laddove l’irricevibilità di un ricorso è conseguenza dell’imputazione al singolo di una negligenza non sua.

[Per approfondire: Waite e Kennedy c. Germania, n. 26083/94, CtEDU (Grande Camera), 18 febbraio 1999; Cudak c. Lituania, n. 15869/02,  CtEDU (Grande Camera) 23 marzo 2010;

Zubac c. Croazia, n. 40160/12, CtEDU (Grande Camera) 5 aprile 2018]

Conclusione

Ammissibile. La possibilità per la persona offesa di chiedere al procuratore generale l’avocazione delle indagini ai sensi dell’articolo 413 CPP non costituisce rimedio da esperire prima di ricorrere alla Corte EDU.

Violazione dell’articolo 6 § 1 CEDU nei corollari dell’eccessiva durata e del diritto di accesso a un tribunale. Il ricorrente aveva esercitato in sede penale i diritti e facoltà attributi dall’ordinamento alla persona offesa, così dimostrando il proprio interesse a far valere in sede penale un “diritto di natura civile”: tuttavia, la procedura penale si era chiusa per intervenuta prescrizione,in ragione di ritardi imputabili esclusivamente alle autorità, privandolo del suo diritto a veder statuire sulla propria domanda di risarcimento in sede penale.

Violazione dell’articolo 13 CEDU (diritto a un ricorso effettivo) per l’assenza di rimedi interni che consentano alla parte offesa non ancora costituita parte civile di far valere la lunghezza eccessiva del procedimento penale.

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