x

x

Conoscere l'identità della madre biologica?

Recente ordinanza della Corte di Cassazione
Lecce
Ph. Antonio Capodieci / Lecce

Con l’ordinanza n. 22497 del 9 agosto 2021, la Prima sezione civile della Suprema Corte si è pronunciata nuovamente sul tema del diritto, del nato da parto anonimo, a conoscere l’identità della propria madre biologica.

La Corte di Cassazione, in linea con la sentenza delle Sezioni Unite n. 1946 del 2017, ha operato una distinzione tra il diritto a conoscere l’identità della madre e il diritto di accedere alle informazioni sanitarie sulla salute della stessa.

 

Diritto a conoscere l’identità della propria madre biologica: la disciplina

L’art 28 della legge n. 184/1983 riconosce, al quinto comma, il diritto potestativo dell’adottato ad avere accesso alle informazioni relative ai genitori biologici una volta compiuto il venticinquesimo anno di età, salvo il limite posto dal comma 7, ossia quando la madre abbia dichiarato al momento del parto di rimanere anonima.

Si tratta, quindi, di contemperare l’interesse del figlio ad avere informazioni sui genitori biologici con il diritto all’anonimato espresso al momento della nascita.

Il limite assoluto imposto dalla norma, alla conoscenza dell’identità nel caso di dichiarazione in tal senso della madre, è stato oggetto di dichiarazione di illegittimità costituzionale nella parte in cui non è previsto un “interpello” (Corte Cost., n. 278 del 2013).

Per il Giudice delle leggi, infatti, è necessario verificare attraverso un procedimento preventivo di interpello, la volontà attuale e la disponibilità della madre a rimuovere il segreto sulla propria identità, al momento della richiesta da parte del figlio.

Con tale pronuncia, di declaratoria di illegittimità costituzionale, la Consulta ha introdotto il principio secondo il quale il figlio può chiedere al giudice di far interpellare la madre ai fini della revoca della dichiarazione di anonimato, a suo tempo fatta.

Fermo restando che il diritto del figlio trova un limite invalicabile se, anche a seguito di interpello, persista il diniego della madre di svelare la propria identità.

Tale impostazione, pur in assenza di un intervento legislativo, è stata successivamente ribadita dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Sent., n. 1946 del 2017). Anche per la Suprema Corte deve essere garantita la possibilità di procedere all’interpello materno, attraverso un procedimento che garantisca la massima riservatezza e dignità per la madre biologica.

Ancor prima (Cass., n. 15024/2016), si è affermato che sussiste il diritto del figlio, dopo la morte della madre, di conoscere le proprie origini biologiche mediante accesso alle informazioni relative all’identità personale della stessa, poiché vengono meno le ragioni di protezione che l’ordinamento ha ritenuto meritevoli di tutela per tutto il corso della vita della madre.

Altra questione è, infine, quella dell’accesso alle informazioni sanitarie sulla salute della madre per la tutela della vita o della salute del figlio, essendo in tal caso necessario consentire l’accesso alle informazioni sanitarie, con modalità tali, da tutelare l’anonimato della donna erga omnes, anche verso il figlio.

 

Diritto a conoscere l’identità della propria madre biologica: Cass., I sez., ord., 9 agosto 2021, n. 22497

La pronuncia in commento trae origine dal diniego alla richiesta di “accesso alle origini”, del Tribunale di Trieste, sulla base del fatto che la decisione della madre di parto con anonimato, chiara e consapevole, era stata mantenuta salda per oltre cinquant’anni.

Oltretutto, al momento dell’istanza la madre naturale si trovava in veneranda età, essendo quasi novantenne e con un grave e deficitario stato di salute, anche psichico, che giustificava ogni cautela e che rendeva difficoltoso, per la stessa, esprimere il consenso a rivelare la propria identità alla figlia.

La Suprema Corte, tuttavia, decide di accogliere il ricorso in relazione al rigetto della domanda subordinata di accesso alle sole informazioni di carattere sanitario, avendo la Corte di merito ritenuto la domanda da respingere al pari di quella principale.

Per la Corte, infatti, […] La domanda di accesso alle informazioni sanitarie sulla salute della madre, con particolare riferimento all’eventuale presenza di malattie ereditarie trasmissibili, è ulteriore e distinta rispetto a quella di puro accesso alle origini, avendo come finalità la tutela della vita o della salute del figlio adottato o di un suo discendente.

Il diritto va garantito, con modalità tali, però, da tutelare l’anonimato della donna erga omnes, anche verso il figlio, che potranno essere desunte dall’art. 93, d.lgs. n. 196 del 2003 […]

In particolare, la richiesta di accesso può essere accolta esclusivamente in relazione ai dati sanitari, non identificativi, relativi alla madre, che abbia dichiarato di non voler essere nominata, osservando le opportune cautele per evitare che quest’ultima sia identificabile.

La Prima sezione civile ha quindi ribadito, in linea con la sentenza delle Sezioni Unite n. 1946 del 2017, come debbano essere tenuti distinti il diritto a conoscere l’identità della madre, che deve essere contemperato con la volontà di quest’ultima di rimanere anonima; dal diritto di accedere alle informazioni sanitarie sulla salute della madre, che può essere esercitato, seppur con le adeguate precauzioni, indipendentemente dalla volontà della donna e anche prima della sua morte.