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Danni - Cassazione Civile: l’ammontare del danno non patrimoniale deve tenere conto di una valutazione unitaria, comprensiva di tutti gli elementi che concorrono a determinalo

Danni - Cassazione Civile: l’ammontare del danno non patrimoniale deve tenere conto di una valutazione unitaria, comprensiva di tutti gli elementi che concorrono a determinalo
Danni - Cassazione Civile: l’ammontare del danno non patrimoniale deve tenere conto di una valutazione unitaria, comprensiva di tutti gli elementi che concorrono a determinalo

Il caso

La controversia è sorta in seguito ad un incidente stradale, nel quale uno dei due conducenti coinvolti aveva trovato la morte. A seguito del processo civile di primo grado, la Corte d’Appello di Roma confermava la decisione del Tribunale che dichiarava la pari responsabilità dei due guidatori per l’evento lesivo. Riduceva, inoltre, l’entità del risarcimento valutato in primo grado a favore degli eredi del conducente defunto.

Avverso le decisioni della Corte gli eredi del conducente deceduto ricorrono in Cassazione.

 

Il ricorso in Cassazione

Gli eredi impugnano la sentenza ritenendo ingiusta la configurazione della responsabilità in capo ad entrambi i soggetti coinvolti nell’incidente, basata sull’erronea applicazione della presunzione di colpa all’articolo 2054 del Codice Civile, secondo cui “nel caso di scontro tra veicoli si presume, fino a prova contraria, che ciascuno dei conducenti abbia concorso ugualmente a produrre il danno subito dai singoli veicoli”.

Detta presunzione opera solo quando vi è impossibilità nell’accertare il grado di colpa dei soggetti coinvolti in un sinistro, eppure, lamentano i ricorrenti, nel caso in questione la valutazione poteva essere effettuata tenendo in considerazione la testimonianza di un terzo soggetto che si trovava sul luogo al momento della collisione.

Denunziano inoltre, riferendosi al riconoscimento da parte della Corte del solo danno morale, escludendo la valutazione del danno per la perdita del rapporto parentale, un’errata valutazione della determinazione del risarcimento dei danni non patrimoniali, in quanto effettuata su criteri di quantificazione ormai superati, i quali non valutano i danni non patrimoniali nella loro complessa unitarietà, come stabilito dall’ormai consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità.

 

La decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara infondato il primo motivo di ricorso analizzato, specificando che, con riferimento alla ripartizione della responsabilità in capo ai due conducenti, considerato quanto emerso in sede penale e confermato poi dal giudice civile di primo grado, non può essere esclusa una responsabilità anche in capo alla vittima, la quale viaggiava al momento dell’incidente ad una velocità ben superiore il limite consentito, tenendo conto dell’ora notturna e non avendo a disposizione ulteriori accertamenti.

Secondo la Corte, contrariamente da quanto ritenuto dagli eredi, non vi è possibilità di dare incisivo valore alle testimonianze del soggetto che, seppur sul luogo al momento dell’incidente, aveva la vista ostruita da uno dei veicoli e poté solo udire l’urto ed osservare la posizione delle due vetture dopo il sinistro. Per tanto, non poté né confermare né smentire le ipotesi avanzate dai ricorrenti riguardo le dinamiche dell’incidente.

La Corte accoglie invece il secondo dei motivi di impugnazione esposti, giudicando errata la modalità di valutazione del risarcimento non patrimoniale effettuato dalla Corte di secondo grado, la quale, nel riconoscere e valutare il solo “danno morale” non si è attenuta ai principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità sul punto.

Dai suddetti principi si evince una necessaria valutazione unitaria del danno non patrimoniale, nel quale devono essere tenute in conto tutte le conseguenze che la perdita di una persona cara comporta, dunque senza la possibilità di escludere dalla valutazione il “danno da perdita del rapporto parentale”.

Chiarisce la Cassazione che il “danno da perdita del rapporto parentale” è qualificabile come “un aspetto del danno non patrimoniale, distinto dal danno morale e da quello biologico”, con i quali concorre a determinarlo.

In concreto, è ravvisabile in “uno sconvolgimento dell’esistenza, rilevato da fondamentali e radicali cambiamenti dello stile di vita”.

La Cassazione, inoltre, ritiene necessario chiarire che tale unitarietà della valutazione del danno non patrimoniale non esclude una separata considerazione dei suoi vari componenti, semplicemente essi debbono essere valutati in un ottica complessiva, avendo presente che, quale che sia il “nome” del danno in base al quale il risarcimento non patrimoniale è richiesto, il giudice ha il compito di accertare l’effettiva consistenza del pregiudizio verificatosi e provvederne l’integrale riparazione.

Per tali motivi la Corte cassa la sentenza impugnata rinviandola alla Corte d’Appello di Roma.

(Corte di Cassazione - Sezione terza Civile, Sentenza 19 maggio 2017, n. 12603)

Il caso

La controversia è sorta in seguito ad un incidente stradale, nel quale uno dei due conducenti coinvolti aveva trovato la morte. A seguito del processo civile di primo grado, la Corte d’Appello di Roma confermava la decisione del Tribunale che dichiarava la pari responsabilità dei due guidatori per l’evento lesivo. Riduceva, inoltre, l’entità del risarcimento valutato in primo grado a favore degli eredi del conducente defunto.

Avverso le decisioni della Corte gli eredi del conducente deceduto ricorrono in Cassazione.

 

Il ricorso in Cassazione

Gli eredi impugnano la sentenza ritenendo ingiusta la configurazione della responsabilità in capo ad entrambi i soggetti coinvolti nell’incidente, basata sull’erronea applicazione della presunzione di colpa all’articolo 2054 del Codice Civile, secondo cui “nel caso di scontro tra veicoli si presume, fino a prova contraria, che ciascuno dei conducenti abbia concorso ugualmente a produrre il danno subito dai singoli veicoli”.

Detta presunzione opera solo quando vi è impossibilità nell’accertare il grado di colpa dei soggetti coinvolti in un sinistro, eppure, lamentano i ricorrenti, nel caso in questione la valutazione poteva essere effettuata tenendo in considerazione la testimonianza di un terzo soggetto che si trovava sul luogo al momento della collisione.

Denunziano inoltre, riferendosi al riconoscimento da parte della Corte del solo danno morale, escludendo la valutazione del danno per la perdita del rapporto parentale, un’errata valutazione della determinazione del risarcimento dei danni non patrimoniali, in quanto effettuata su criteri di quantificazione ormai superati, i quali non valutano i danni non patrimoniali nella loro complessa unitarietà, come stabilito dall’ormai consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità.

 

La decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara infondato il primo motivo di ricorso analizzato, specificando che, con riferimento alla ripartizione della responsabilità in capo ai due conducenti, considerato quanto emerso in sede penale e confermato poi dal giudice civile di primo grado, non può essere esclusa una responsabilità anche in capo alla vittima, la quale viaggiava al momento dell’incidente ad una velocità ben superiore il limite consentito, tenendo conto dell’ora notturna e non avendo a disposizione ulteriori accertamenti.

Secondo la Corte, contrariamente da quanto ritenuto dagli eredi, non vi è possibilità di dare incisivo valore alle testimonianze del soggetto che, seppur sul luogo al momento dell’incidente, aveva la vista ostruita da uno dei veicoli e poté solo udire l’urto ed osservare la posizione delle due vetture dopo il sinistro. Per tanto, non poté né confermare né smentire le ipotesi avanzate dai ricorrenti riguardo le dinamiche dell’incidente.

La Corte accoglie invece il secondo dei motivi di impugnazione esposti, giudicando errata la modalità di valutazione del risarcimento non patrimoniale effettuato dalla Corte di secondo grado, la quale, nel riconoscere e valutare il solo “danno morale” non si è attenuta ai principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità sul punto.

Dai suddetti principi si evince una necessaria valutazione unitaria del danno non patrimoniale, nel quale devono essere tenute in conto tutte le conseguenze che la perdita di una persona cara comporta, dunque senza la possibilità di escludere dalla valutazione il “danno da perdita del rapporto parentale”.

Chiarisce la Cassazione che il “danno da perdita del rapporto parentale” è qualificabile come “un aspetto del danno non patrimoniale, distinto dal danno morale e da quello biologico”, con i quali concorre a determinarlo.

In concreto, è ravvisabile in “uno sconvolgimento dell’esistenza, rilevato da fondamentali e radicali cambiamenti dello stile di vita”.

La Cassazione, inoltre, ritiene necessario chiarire che tale unitarietà della valutazione del danno non patrimoniale non esclude una separata considerazione dei suoi vari componenti, semplicemente essi debbono essere valutati in un ottica complessiva, avendo presente che, quale che sia il “nome” del danno in base al quale il risarcimento non patrimoniale è richiesto, il giudice ha il compito di accertare l’effettiva consistenza del pregiudizio verificatosi e provvederne l’integrale riparazione.

Per tali motivi la Corte cassa la sentenza impugnata rinviandola alla Corte d’Appello di Roma.

(Corte di Cassazione - Sezione terza Civile, Sentenza 19 maggio 2017, n. 12603)