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Donne e diritto al voto, il “duello” a distanza tra Lodovico Mortara e Winston Churchill

Diiritto di voto
Diiritto di voto

Le letture spettinate riescono a creare fusioni e confronti impensabili.

Abbiamo una data il 1906, due nazioni profondamente diverse per tradizioni, costumi e storia: l’Italia e l’Inghilterra.

In quell’anno, due uomini diametralmente all’opposto per cultura e formazione, il giurista Lodovico Mortara e sir Winston Churchill presero posizione sul diritto al voto delle donne.

Partiamo dalla frase attribuita a Winston Churchill: “Date il voto alle donne e tempo cinque anni ci ritroveremo una tassa sugli scapoli”.

Nello splendido libro “Il sorriso del bulldog” curato da Dominique Enright, edito da Liberilibri, si tratteggia una sagace biografia, tramite gli aneddoti e le citazioni, del grande statista inglese.

Certamente Churchill condivideva “l’atteggiamento tipico della sua epoca nei confronti della famiglia, della donna e dei diritti di quest’ultima…… Nel 1906, affrontato da una donna che faceva sventolare una bandiera e chiedeva il Voto alle donne, Churchill dichiarò che, visti i continui disordini, non si sarebbe affatto assunto un simile impegno”.

Nel medesimo anno il 25 luglio del 1906, in Italia la Corte di Appello di Ancona, presieduta da Lodovico Mortara (insigne giurista poi Ministro della Giustizia) accordò a dieci donne marchigiane, di professione maestre, il diritto di voto politico.

All’epoca nel nostro Stato votava poco più dell’8 per cento degli uomini Italiani. Queste donne marchigiane rimasero iscritte nelle liste elettorali per dieci mesi (fino a maggio 1907, quando la Cassazione annullò la sentenza) ottenendo l’iscrizione alle liste elettorali nonostante il voto fosse riservato ai soli uomini. Non ebbero modo di esercitare il diritto di voto, non vi furono crisi di governo ed elezioni anticipate, ma l’evento costituisce, una pietra miliare nel processo di emancipazione femminile italiana ed Europea, anche per l’assenza di simili disposizioni nei paesi più evoluti del mondo occidentale del primo Novecento.

L’intera vicenda viene ricostruita meticolosamente nel libro “Dieci donne” di Marco Severini, edito da Liberilibri.

Lo scrittore narra il contesto socio-politico del tempo e i fattori che portarono alla clamorosa sentenza Mortara.

Trascorsero altri 40 anni, quando il 1 febbraio del 1945, pochi mesi prima della fine della seconda guerra mondiale, con l’Italia ancora divisa ed il Nord sotto l’occupazione tedesca, il Consiglio dei Ministri, presieduto da Ivanoe Bonomi, emanò il decreto Legislativo Luogotenenziale n. 23 che si intitolava “Estensione alle donne del diritto di voto”.

L’anno seguente, le donne poterono esercitare il sacrosanto diritto di voto.

Al “misogino” Churchill, possiamo perdonare la sua posizione di retroguardia nel riconoscimento del diritto di voto alle donne, non fosse altro perché ci ha regalato l’immortale frase: “A volte l’uomo inciampa nella verità, ma nella maggior parte dei casi si rialzerà e continuerà per la sua strada”.