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È sufficiente la contabilizzazione di un costo per renderlo inerente?

Cava d'Aliga, Scicli
Ph. Simona Loprete / Cava d'Aliga, Scicli

Abstract

Nell’ordinanza 12380/2021 la Cassazione, ribadendo che non è sufficiente l’esistenza e la contabilizzazione di un costo perché sia considerato inerente all’attività d’impresa e, quindi, deducibile fornisce utili spunti pratici.

 

Indice:

1. A cosa va riferita l’inerenza?

2. L’ordinanza 12380/2021

3. Spunti pratici

 

1. A cosa va riferita l’inerenza?

Prima di entrare nel merito dell’ordinanza 12380/2021 è opportuno premettere un breve excursus sulla nozione di inerenza.

L’inerenza di un costo è requisito indispensabile per la sua deducibilità dal reddito d’impresa.

Un orientamento risalente (Cass.: 9196/2011, 27095/2006, 6650/2006, 14570/2001,6300/1998) basava l’inerenza ai ricavi in base sull’articolo 109, comma 5, DPR 917/86 (cd. “Testo Unico Imposte Sui Redditi”) che recita: “Le spese e gli altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, tranne gli oneri fiscali, contributivi e di utilità sociale, sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi.

In realtà, la fonte normativa dell’inerenza dei costi non va individuata in tale norma che, invece, disciplina la deducibilità dei costi legati a ricavi imponibili e, di converso, la sua esclusione in caso di produzione di ricavi esenti.

All’orientamento sopra menzionato se ne affiancava un altro che riteneva un costo inerente se correlato all’attività svolta dall’impresa (Cass.: 16826/2007, 7340/2008, 12168/2009, 6548/2012, 3340/2013, 20054/2014, 20055/2014, 30366/2019).

Quest’ultima è quella risultante dall’oggetto sociale.

È per questa ragione che i costi per acquisti propri della sfera privata non sono inerenti; perciò, l’Amministrazione finanziaria ha tutte le ragioni per contestare l’inerenza dei costi per l’acquisto di piastrelle se non è provato che sia stata effettuata una manutenzione straordinaria della sede legale o di quella operativa.

 

2. L’ordinanza 12380/2021

Essa riguarda la contestazione dell’inerenza di costi di consulenza legale e commerciale documentati da fattura con descrizione generica: “consulenza per gare d’appalto”.

Se inizialmente la posizione della Suprema Corte può manifestare una certa rigidità, tuttavia, proseguendo la lettura del testo, non si può che condividerla.

Infatti, l’onere della prova dell’inerenza del costo all’attività svolta dall’impresa incombe sul contribuente che lo assolve provando dei fatti.

Nella fattispecie la prova fattuale che deve essere addotta dal contribuente e valutata dal giudice tributario consiste nei documenti giustificativi del costo e nell’evidenziazione della tipologia di attività svolta dall’impresa.

Dal testo della sentenza risulta che l’unica prova fattuale fosse la fattura e l’affermazione fatta dal difensore nel ricorso in cassazione che si trattava di attività svolta in favore della ricorrente per attività d’impresa.

A mio modesto parere si tratta di una prova scarna, considerando che la descrizione della fattura era: “consulenza per gare d’appalto” che non si correlavano univocamente all’attività svolta dalla società ricorrente.

 

3. Spunti pratici

Ritengo l’ordinanza 12380/2021 fonte d’ispirazione e bussola per il comportamento pratico, soprattutto nel caso di prestazione di servizi legali.

In caso di contestazione da parte dell’Agenzia delle Entrate è evidente che si apparecchia una difesa che valorizzi qualsiasi elemento fattuale e documentale.

Tuttavia, è mio fermo convincimento che il contenzioso va evitato in nuce e che seguire un buon vademecum sia in fase contrattuale che di fatturazione sia un ottimo viatico per le imprese.

Quando noi legali prestiamo servizi di consulenza o di assistenza stragiudiziale usiamo spesso descrizioni stereotipate che, come risulta dal contenzioso risolto dall’ordinanza 12380/2021, possono danneggiare il nostro committente in caso di verifica fiscale.

Quale tipo di descrizione sarebbe stata efficace per evitare la contestazione su cui si è pronunciata la Suprema Corte nell’ordinanza da cui sto prendendo spunto?

“Consulenza per gare d’appalto” non collega la prestazione resa all’attività svolta dall’impresa mia committente, in quanto manca uno dei due elementi: l’attività specifica svolta dall’impresa.

Una gara d’appalto può essere indetta in una pluralità di settori economici: edilizia, fornitura di beni, servizi di consulenza informativa ecc.

Infatti, la gara d’appalto è un modo di acquisto da parte della pubblica amministrazione e, perciò, il mero riferimento alla gara d’appalto non può che essere generico.

Perciò, occorreva completare la descrizione con: “come da bando dell’amministrazione X…n… del…”.

Questo avrebbe “incollato” il costo all’attività svolta dall’impresa.

Trasponendo questo esempio ad altri tipi di consulenze posso individuare: “consulenza per l’acquisizione di quote della... Srl”, “consulenza in materia brevettuale come da contratto del…. (che disciplina il rapporto contrattuale e prova l’inerenza)”, “assistenza stragiudiziale per accertamento con adesione avviso di accertamento n…”.

Gli esempi esposti evidenziano che occorre un minimo sforzo per ottenere una descrizione apprezzabile e al riparo da contestazioni.