Investigazioni difensive: modalità e criticità
Investigazioni difensive: modalità e criticità dell’assunzione di dichiarazioni da parte dell’avvocato e del suo sostituto. L’articolo 391 bis del codice procedura penale nella pratica quotidiana e nella giurisprudenza della Suprema Corte.
Le investigazioni difensive non hanno eliminato l’asimmetria di poteri tra accusa e difesa. Sul punto la Cassazione ha spesso e volentieri accentuato la disparità e la valenza minore delle investigazioni operate dal difensore da quelle eseguite dalla pubblica accusa.
Nella pratica quotidiana segnalo una sentenza controcorrente del giudice delle indagini preliminari di Roma che ha stabilito: “Una individuazione scarsamente attendibile, avrebbe dovuto necessariamente essere seguita, rapidamente da una ricognizione formale, ricognizione formale significativamente chiesta due volte dalla attiva Difesa dell’imputato, ma non svoltasi, per due diversi provvedimenti di rigetto del GIP. Inoltre, l’alibi non verificato nonostante le dichiarazioni agli atti raccolte dalla difesa ai sensi degli articoli 391bis e ter codice di procedura penale”.
Seguirà una sentenza di assoluzione “per non aver commesso il fatto, ai sensi dell’art. 530 comma 1 cpp”.
Il caso giudiziario riguardava una ipotesi di rapina aggravata e danneggiamento, l’ordinanza cautelare era scaturita da un rapporto dei carabinieri che indicavano una “fonte confidenziale” che gli indicava M.M. quale autore della rapina aggravata. Da tale “spunto investigativo”, a distanza di 60 giorni dai fatti, veniva effettuato un riconoscimento fotografico dalla persona offesa e nell’ordinanza custodiale in carcere, si evocavano i precedenti penali dell’arrestato.
L’indagato trascorrerà otto mesi in carcere, dal giorno dell’arresto al giorno della sentenza di assoluzione.
In sede di interrogatorio di garanzia, l’indagato dichiarò che la sera della rapina era al Camping La Torretta di Ladispoli con la sua convivente. Dopo l’interrogatorio, la difesa raccolse e verbalizzò ai sensi dell’art. 391bis e ter del c.p.p. le dichiarazioni della convivente e di un ragazzo che era in campeggio.
Le verbalizzazioni vennero depositate in Procura e il giorno del processo la difesa chiese l’abbreviato e il Gup rilevando la sostanziale inattività della Procura in merito “all’alibi non verificato nonostante le dichiarazioni agli atti raccolte dalla difesa ai sensi dell’articolo 391bis e correttamente documentate ai sensi dell’art. 391ter codice di procedura penale” ritiene di poter decidere allo stato degli atti ed emette una sentenza di assoluzione.
Questo precedente è purtroppo isolato, nella prassi molto spesso i giudicanti non assumono un ruolo terzo e sopperiscono alle inerzie della pubblica accusa disponendo delle integrazioni probatorie ai sensi dell’articolo 441 comma 5 del c.p.p., trincerandosi dietro all’ossimoro di “non poter decidere allo stato degli atti”.
Investigazioni difensive e Corte Costituzionale
Le norme previste dagli articoli 391 bis e seguenti del codice di procedura penale, costituiscono la realizzazione, sia pure ad un livello che non elimina l’asimmetria di poteri tra accusa e difesa, dei precetti dell’art. 111 commi 2 e 3 Cost. in virtù dei quali il processo deve svolgersi in condizioni di parità tra le parti e l’accusato deve disporre degli strumenti per impostare efficacemente la sua difesa.
Si ricorda tuttavia che la Corte Costituzionale con la sentenza 184/2009 si è espressa nel senso che “il principio di parità delle parti – per consolidata giurisprudenza di questa Corte –, non comporta necessariamente l’identità tra i poteri processuali del pubblico ministero e quelli dell’imputato, potendo una disparità di trattamento risultare giustificata, nei limiti della ragionevolezza, sia dalla peculiare posizione istituzionale del pubblico ministero, sia dalla funzione allo stesso affidata, sia da esigenze di funzionale e corretta amministrazione della giustizia; e ciò anche in una prospettiva di complessivo riequilibrio dei poteri dei contendenti, avuto riguardo alle disparità di segno opposto riscontrabili in fasi del procedimento distinte da quella in cui s’innesta la singola norma discriminatrice avuta di mira.
La fase delle indagini preliminari è, in effetti, caratterizzata da un marcato squilibrio di partenza fra le posizioni delle parti, correlato alla funzione istituzionale del pubblico ministero: i poteri e i mezzi investigativi di cui dispone la parte pubblica restano - anche dopo gli interventi operati dalla L. 397/2000, in tema di disciplina delle investigazioni difensive - largamente superiori a quelli di cui fruisce la difesa... Anzi, la disciplina delle indagini difensive, introdotta con detta legge (una delle leggi dichiaratamente attuative della riforma dell’art. 111 Cost.), si è proposta proprio con lo scopo di conseguire un minore squilibrio tra le posizioni della parte pubblica e dell’indagato-imputato, delineando una tendenziale pari valenza delle indagini di entrambi”.
La Consulta assume dunque come dato di sistema lo squilibrio tra l’accusa pubblica e la difesa privata senza metterlo in discussione.
Come si vedrà nella rassegna che segue, la giurisdizione di legittimità ha aderito convintamente alla linea tracciata dal giudice delle leggi ed anzi l’ha rafforzata con indirizzi che risultano in più di un caso ingiustificatamente penalizzanti per chi si difende.
Investigazioni difensive: la norma
L’Art. 391-bis - Colloquio, ricezione di dichiarazioni e assunzione di informazioni da parte del difensore
1. Salve le incompatibilità previste dall’articolo 197, comma 1, lettere c) e d), per acquisire notizie il difensore, il sostituto, gli investigatori privati autorizzati o i consulenti tecnici possono conferire con le persone in grado di riferire circostanze utili ai fini dell’attività investigativa. In questo caso, l’acquisizione delle notizie avviene attraverso un colloquio non documentato.
2. Il difensore o il sostituto possono inoltre chiedere alle persone di cui al comma 1 una dichiarazione scritta ovvero di rendere informazioni da documentare secondo le modalità previste dall’articolo 391-ter.
3. In ogni caso, il difensore, il sostituto, gli investigatori privati autorizzati o i consulenti tecnici avvertono le persone indicate nel comma 1:
a) della propria qualità e dello scopo del colloquio;
b) se intendono semplicemente conferire ovvero ricevere dichiarazioni o assumere informazioni indicando, in tal caso, le modalità e la forma di documentazione;
c) dell’obbligo di dichiarare se sono sottoposte ad indagini o imputate nello stesso procedimento, in un procedimento connesso o per un reato collegato;
d) della facoltà di non rispondere o di non rendere la dichiarazione;
e) del divieto di rivelare le domande eventualmente formulate dalla polizia giudiziaria o dal pubblico ministero e le risposte date;
f) delle responsabilità penali conseguenti alla falsa dichiarazione.
4. Alle persone già sentite dalla polizia giudiziaria o dal pubblico ministero non possono essere richieste notizie sulle domande formulate o sulle risposte date.
5. Per conferire, ricevere dichiarazioni o assumere informazioni da una persona sottoposta ad indagini o imputata nello stesso procedimento, in un procedimento connesso o per un reato collegato, è dato avviso, almeno ventiquattro ore prima, al suo difensore la cui presenza è necessaria. Se la persona è priva di difensore, il giudice, su richiesta del difensore che procede alle investigazioni, dispone la nomina di un difensore di ufficio ai sensi dell’articolo 97.
5-bis. Nei procedimenti per i delitti di cui all’articolo 351, comma 1-ter, il difensore, quando assume informazioni da persone minori, si avvale dell’ausilio di un esperto in psicologia o in psichiatria infantile.
6. Le dichiarazioni ricevute e le informazioni assunte in violazione di una delle disposizioni di cui ai commi precedenti non possono essere utilizzate. La violazione di tali disposizioni costituisce illecito disciplinare ed è comunicata dal giudice che procede all’organo titolare del potere disciplinare.
7. Per conferire, ricevere dichiarazioni o assumere informazioni da persona detenuta, il difensore deve munirsi di specifica autorizzazione del giudice che procede nei confronti della stessa, sentiti il suo difensore ed il pubblico ministero. Prima dell’esercizio dell’azione penale l’autorizzazione è data dal giudice per le indagini preliminari. Durante l’esecuzione della pena provvede il magistrato di sorveglianza.
8. All’assunzione di informazioni non possono assistere la persona sottoposta alle indagini, la persona offesa e le altre parti private.
9. Il difensore o il sostituto interrompono l’assunzione di informazioni da parte della persona non imputata ovvero della persona non sottoposta ad indagini, qualora essa renda dichiarazioni dalle quali emergano indizi di reità a suo carico. Le precedenti dichiarazioni non possono essere utilizzate contro la persona che le ha rese.
10. Quando la persona in grado di riferire circostanze utili ai fini dell’attività investigativa abbia esercitato la facoltà di cui alla lettera d) del comma 3, il pubblico ministero, su richiesta del difensore, ne dispone l’audizione che fissa entro sette giorni dalla richiesta medesima. Tale disposizione non si applica nei confronti delle persone sottoposte ad indagini o imputate nello stesso procedimento e nei confronti delle persone sottoposte ad indagini o imputate in un diverso procedimento nelle ipotesi previste dall’articolo 210. L’audizione si svolge alla presenza del difensore che per primo formula le domande. Anche con riferimento alle informazioni richieste dal difensore si applicano le disposizioni dell’articolo 362.
11. Il difensore, in alternativa all’audizione di cui al comma 10, può chiedere che si proceda con incidente probatorio all’assunzione della testimonianza o all’esame della persona che abbia esercitato la facoltà di cui alla lettera d) del comma 3, anche al di fuori delle ipotesi previste dall’articolo 392, comma 1.
Investigazioni difensive e inutilizzabilità per "sommari richiami" degli avvisi previsti dall'art. 391 bis c.p.p.
Nella ricezione di dichiarazioni scritte da verbalizzare secondo l'articolo 391 ter c.p.p. l'avvocato deve prestare massima attenzione alle tecniche di redazione del verbale.
Giova ricordare in proposito che sono necessari gli avvisi per esteso previsti dall'articolo 391 bis comma 3 c.p.p.
In proposito la cassazione penale sezione II Presidente Davigo con la sentenza n. 51073 del 15 settembre 2016: " non ha ritenuto legittime le verbalizzazioni delle indagini difensive e la loro conseguente utilizzabilità stante un sommario richiamo degli avvisi previsti dall'art. 391 bis cod. proc. pen. La circostanza della sommaria indicazione degli avvisi previsti nella citata disposizione, non contestata in fatto dalla difesa, integra pacificamente la violazione della norma di legge richiamata, con la conseguenza che la decisione del Tribunale è corretta in diritto, siccome conforma alla costante giurisprudenza di legittimità [Cass. sez. 3 n. 2017 del 15.7.2003, Laghezza, in Ced Cass. Rv. 2273390; Cass. sez F n. 34554 del 25.7.2003, ]ovanovic, in Ced Cass. Rv 228394; Cass. Sez. 1 n. 36036 del 28.11.2013 in Ced Cass. Rv. 261119].
Investigazioni difensive e requisiti formali delle dichiarazioni raccolte ai sensi dell'art. 391-bis c.p.p.
In tema dei requisiti formali dei verbali contenenti le dichiarazioni testimoniali raccolte in sede di indagini difensive la cassazione ribadisce la necessità del rispetto delle forme e delle garanzie previste dall'articolo 391-bis e seguenti c.p.p.
Si ricorda la sentenza a Sezioni Unte n. 27421 del 25 febbraio 2021 che ha indicato come: "nel provvedimento impugnato in ordine all'incerta provenienza delle informazioni, contenute in fogli manoscritti privi di qualsiasi attestazione di autenticità e dei requisiti formali per essere qualificabili come testimonianze, oppure esito di indagini difensive, condotte ai sensi dell'art. 391-bis cod. proc. pen. Si ricorda al riguardo che, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, da confermare in questa sede, sono inutilizzabili le dichiarazioni di persone informate dei fatti, acquisite senza il rispetto delle forme e delle garanzie dettate dagli artt. 391-bis e segg. cod. proc. pen. ed introdotte nel procedimento quali allegati ad una memoria difensiva (Sez. 6, n. 12921 del 28/02/2019, Galletti, Rv. 275645; Sez. 2, n. 51073 del 15/09/2016, La Cava, Rv. 268903; Sez. 1, n. 36036 del 28/11/2013, Miceli, Rv. 261119)".
Investigazioni difensive all'estero e inutilizzabilità
In relazione alla inutilizzabilità delle investigazioni difensive eseguite all'estero deve rilevarsi che la stessa discende dai principi generali del codice di procedura penale e, pur non essendo esplicitamente affermato che il difensore non può recarsi all’estero a svolgere dette investigazioni, discende dall’ordinamento tale divieto, essendo evidente che, ai fini dell’utilizzabilità di atti compiuti all’estero, per tutte le parti processuali, deve essere esperita la procedura prevista dal codice in materia di rogatorie.
Poiché non è prevista la possibilità per il difensore di ricorrere alla rogatoria all’estero, ne discende che tale tipo di atto non è esperibile dal difensore mediante la disciplina prevista dall’art. 391-bis ed egli ha l’obbligo di passare attraverso la richiesta al PM o al GIP, affinché costoro attivino la procedura della rogatoria internazionale.
D’altronde, tramite le indagini difensive non è esperibile ogni tipo di atto: il legislatore ha limitato l’oggetto delle indagini all’assunzione di dichiarazioni, alla richiesta di documentazione, all’accesso ai luoghi, ma ad esempio non ha previsto la possibilità di effettuare accertamenti tecnici irripetibili, in relazione ai quali il difensore ha l’obbligo di inoltrare richiesta al PM (Sez. 1, 23967/2007).
Investigazioni difensive: rassegna della giurisprudenza della Suprema Corte
Colloquio, ricezione di dichiarazioni e assunzione di informazioni da parte del difensore (art. 391-bis)
La ricezione di dichiarazioni (scritte) e l’assunzione di informazioni (orali e contestualmente verbalizzate) sono infatti attività che possono essere condotte esclusivamente dal difensore e da un suo sostituto, e sono destinate ad essere documentate con il rispetto delle modalità prescritte dal successivo art. 391-ter; la loro utilizzabilità è disciplinata dagli artt. 391-octies e 391-decies.
Il colloquio informale, invece, può essere effettuato anche da investigatori privati autorizzati o da consulenti tecnici officiati dal difensore e, per espressa normativa, in questo caso, l’acquisizione delle notizie avviene attraverso un colloquio non documentato (Tribunale Caltanissetta, ordinanza 31.10.2017).
In tema di indagini difensive, ai fini della richiesta prevista dall’art. 391-bis, comma 1, per l’audizione di persone che hanno esercitato la facoltà di non rispondere o di non rendere la dichiarazione, è necessario che il difensore specifichi l’oggetto dell’audizione, indicando gli argomenti sui quali si intendono sentire i soggetti indicati dal primo comma del suddetto articolo (Sez. 6, 28079/2004).
Gli avvertimenti che il difensore deve rivolgere al soggetto dichiarante, ai sensi dell’art. 391-bis, comma 3, a pena di inutilizzabilità delle dichiarazioni, devono essere specificamente verbalizzati, mentre non può essere ritenuta sufficiente la semplice attestazione in merito effettuata dal difensore ex art. 391-ter, comma 1, lett. c).
La nuova normativa introdotta dalla legge 397/2000 ha attribuito una specifica valenza procedimentale all’attività difensiva, formalizzandola intorno all’area di possibile indagine e rendendo tipici gli atti principali, con l’indicazione delle modalità, della documentazione ed utilizzazione degli stessi, e si è rimarcata la conseguente insussistenza di valide ragioni per giustificare, rispetto agli analoghi atti compiuti dal giudice o dal pubblico ministero, una differenziazione di modalità esecutive tra atti forniti di pari rilevanza processuale, mentre «gli avvertimenti preliminari - che devono essere rivolti al dichiarante ed analiticamente verbalizzati ai sensi dell’art. 391-bis comma 3 - non riguardano il PM, come può evincersi ad evidenza dalla stessa formulazione testuale della norma, che pone i relativi obblighi a carico esclusivamente de “il difensore, il sostituto, gli investigatori privati autorizzati o i consulenti tecnici” (Sez. 1, 36036/2014).
La specifica valenza procedimentale dell’attività di investigazione difensiva consistente nell’assunzione di informazioni, e il carattere tipico dell’attività medesima, impone che gli avvertimenti preliminari rivolti al dichiarante risultino analiticamente verbalizzati, cosi come, d’altronde, è disposto per i corrispondenti atti compiuti dal giudice e dal PM; in mancanza di analitica documentazione, le dichiarazioni acquisite non possono essere utilizzate (Sez. F, 34554/2003).
Anche in sede di indagini difensive debba essere dato avviso ai prossimi congiunti della facoltà di astenersi (art.199) a pena di nullità (Sez. 3, 41484/2013).
Giudizio abbreviato: le dichiarazioni acquisite in indagine
In tema di giudizio abbreviato condizionato, le dichiarazioni testimoniali acquisite in sede di indagine difensive, ai sensi dell’art.327-bis cod. proc. pen., sono utilizzabili ai fini della decisione a condizione che i relativi atti siano stati depositati nel fascicolo del pubblico ministero prima dell’ammissione al rito speciale.
(Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la decisione del giudice d’appello che aveva respinto la richiesta di audizione di persone sentite in sede di indagini difensive, sul presupposto che l’imputato, avendo chiesto che il processo fosse definito con il rito abbreviato condizionato all’escussione di persone diverse, non poteva chiedere successivamente l’acquisizione di nuovi elementi di prova). Cassazione penale sez. VI, 11/09/2018, n.1561
L’atto raccolto ai sensi dell’art. 391-bis, comma 10, costituisce, a tutti gli effetti, atto del PM, sicché non confluisce nel fascicolo del difensore (ai sensi dell’art. 391-octies, comma 3), bensì direttamente in quello del PM e, poi, nel fascicolo per il dibattimento, potendo essere utilizzato per le contestazioni ex art. 500 nonché acquisito mediante lettura ai sensi degli artt. 512 e 513 (Sez. 3, 21092/2007).
Se la persona deve essere sentita sin dall’inizio in qualità di imputato o di persona sottoposta alle indagini, le sue dichiarazioni non possono essere utilizzate” neppure erga alios e, dunque, sono inutilizzabili non solo nei confronti dello stesso soggetto dichiarante, ma anche nei confronti dei terzi.
Ciò in quanto sebbene l’art. 63 faccia riferimento all’esame della persona indagata, non sembra consentito distinguere il suddetto regime di inutilizzabilità in ragione del tipo di atto, o della fase in cui esso cade, o dell’organo che lo compie: e pertanto, avuto riguardo alla ratio ed alla finalità della norma che è quella di assicurare le garanzie difensive alla persona che sin dall’inizio doveva essere sentita in qualità di persona sottoposta ad indagini, non può dubitarsi che in siffatta previsione rientri non solo l’esame testimoniale, ma anche l’assunzione di dichiarazioni in sede di investigazioni difensive ai sensi dell’art. 391-bis.
Depongono in tal senso sia la analogia di quest’ultima disposizione con quella di cui all’art. 63, sia il rilievo che gli elementi di prova raccolti dal difensore ai sensi del predetto art. 391-bis, sono equiparabili, quanto ad utilizzabilità e forza probatoria, a quelli raccolti dagli altri soggetti del processo (Sez. 2, 47394/2017).
L’art. 391-bis, nel disciplinare le modalità di ricezione di dichiarazioni ed assunzioni di informazioni da parte del difensore, prevede, al comma 6, l’inutilizzabilità delle dichiarazioni ricevute o delle informazioni assunte in violazione di una delle disposizioni regolate ai commi precedenti.
Fra tali disposizioni, il comma 2 prevede che il difensore può chiedere alla persona in grado di riferire circostanze utili, di rendere informazioni, da documentare secondo le modalità previste dall’art. 391-ter. Ne consegue che, se la modalità di documentazione non è in linea con la disposizione di cui all’art. 391-ter, che rimanda all’osservanza delle disposizioni di cui al titolo III del libro II e quindi anche all’art. 137, che prescrive la sottoscrizione dei verbali in ogni foglio, l’informazione assunta è radicalmente inutilizzabile.
È da escludere, invece, che sia applicabile l’art. 142 che, in ragione della formazione del verbale in un ambito istituzionale, limita la sanzione alla nullità del “verbale” per l’assenza di sottoscrizione del pubblico ufficiale. Infatti, il rinvio al titolo III del libro II del codice di rito, contenuto nell’art. 391-ter, in relazione alle forme di documentazione delle dichiarazioni e delle informazioni, opera soltanto in quanto si tratti di norme applicabili, e gli arti. 391-bis e 391-ter regolano più rigorosamente una situazione che non è gestita in ambito di giustizia istituzionalizzato (Sez. 2, 20460/2013).
Il verbale nel quale il difensore raccoglie le informazioni è destinato a provare fatti determinati a produrre gli stessi effetti processuali (perfetta equiparazione ai fini della prova) dell’omologo verbale redatto dal PM e siccome non si pone in dubbio che quest’ultimo sia atto pubblico, la stessa natura deve attribuirsi anche al verbale redatto a cura del difensore.
Ne consegue che il difensore ha gli stessi diritti e doveri del PM per quanto riguarda le modalità di documentazione. Ne deriva che, in caso di mancata attestazione di alcune dichiarazioni, pur rilasciate dalla persona informata, e di successivo uso del verbale all’interno del procedimento, egli realizza un falso ideologico in atto pubblico, in concorso con il delitto di favoreggiamento personale (SU, 32009/2006).
È indubbio che le indagini difensive sono di per sé compatibili con il giudizio abbreviato. La Corte costituzionale, fin dalle prime pronunce di poco successive all’entrata in vigore della L. 397/2000, ha affermato l’utilizzabilità a fini decisori delle indagini difensive nel procedimento speciale previsto dagli artt. 438 e ss.; d’altra parte, è indubbio che la difesa, in forza dell’art. 391-bis ha facoltà di raccogliere in ogni stato e grado del procedimento elementi favorevoli all’imputato, per poi produrli davanti al giudice, anche in sede di giudizio abbreviato.
Ferma restando la suddetta compatibilità, dalla lettura coordinata degli artt. 415-bis, 419 comma 3 e 391-octies con l’art. 321-bis si evince che il difensore ha facoltà di presentare i risultati delle sue investigazioni nel corso dell’udienza preliminare, fino all’inizio della discussione ex art. 421, cioè nel termine coincidente per richiedere il giudizio abbreviato.
Ne consegue che i risultati delle indagini difensive, se presentati prima della richiesta di giudizio abbreviato, possono essere valutati in funzione di tutte le decisioni che il giudice è chiamato ad assumere nel corso dell’udienza preliminare, comprese quindi le decisioni e le pronunce che definiscono il procedimento attraverso il modulo alternativo del giudizio abbreviato.
Resta inteso che, anche in caso di presentazione dei risultati delle indagini difensive prima della richiesta di giudizio abbreviato, come il giudice delle leggi ha avuto modo di precisare (ordinanza 245/2005), a ciascuna delle parti “va comunque assicurato il diritto di esercitare il contraddittorio sulle prove addotte a sorpresa dalla controparte, in modo da contemperare l’esigenza di celerità con la garanzia dell’effettività del contraddittorio, anche attraverso differimenti delle udienze congrui rispetto alle singole, concrete fattispecie”. In altri termini, nella lettura adeguatrice offerta dalla Corte costituzionale, il principio di continuità investigativa diventa funzionale all’esercizio del diritto alla controprova, nel senso che la posizione del pubblico ministero va riequilibrata rispetto alle produzioni difensive frutto delle indagini svolte ai sensi della L. 397/2000.
Così, se il deposito dei risultati dell’investigazione difensiva avviene nel corso delle indagini preliminari, il PM ha la possibilità di riequilibrare il “quadro probatorio” procedendo al necessario supplemento investigativo attraverso l’espletamento delle indagini previste dall’art. 419 comma 3; se, invece, i risultati dell’inchiesta difensiva vengono prodotti all’udienza preliminare, il PM ha diritto ad un differimento dell’udienza, in modo che anche in questo caso possa svolgere le indagini suppletive, per bilanciare l’impianto accusatorio rispetto alle novità introdotte dalla difesa.
In questo modo non viene messo in crisi né il carattere fondamentale del giudizio abbreviato, che è quello che privilegia l’apporto probatorio unilaterale, e neppure il principio del contraddittorio, proprio perché il PM, a fronte dell’apporto probatorio difensivo, ha sempre la possibilità di allegare nuove indagini in replica a quelle presentate dalla difesa (Sez. 4, 51950/2016).
Le dichiarazioni rilasciate all’investigatore privato incaricato dalla compagnia assicuratrice sono utilizzabili, non trattandosi di dichiarazioni assunte dal difensore dell’indagato nell’ambito di attività d’investigazione difensiva, e non trovando, pertanto, in relazione ad esse applicazione la disciplina prevista dall’art. 391-bis (Sez. 2, 1731/2018).
L’avvocato che utilizzi processualmente le dichiarazioni rese da persone informate sui fatti che egli abbia verbalizzato in modo infedele risponde di falso ideologico in atto pubblico, attesa la veste pubblicistica che assume il difensore nella fase di documentazione delle indagini (SU, 32009/2006).
L’ordinanza di rigetto da parte del GIP della richiesta di assumere, con incidente probatorio, ai sensi dell’art. 391-bis, comma 11, la testimonianza di soggetto rifiutatosi di rendere, su richiesta del difensore, dichiarazioni scritte o informazioni, ai sensi degli artt. 391-bis e 391-ter o che abbia dichiarato di volere essere ascoltata alla presenza del PM o durante l’incidente probatorio, non è soggetta a gravame, stante il principio di tassatività delle impugnazioni (art. 568, comma 1) e l’esigenza di speditezza della procedura, rimanendo altresì esclusa la sua qualificabilità quale provvedimento abnorme, e quindi la possibilità di impugnarla con ricorso per cassazione, dal momento che essa, a prescindere dalla eventuale erroneità della decisione o della relativa motivazione, non può dirsi avulsa dall’intero ordinamento processuale (cosiddetta abnormità strutturale) né adottata al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste, tanto da determinare una stasi irrimediabile del processo (cosiddetta abnormità funzionale) (Sez. 3, 20130/2002).
Gli elementi di prova raccolti dal difensore ai sensi dell’art. 391-bis sono equiparabili, quanto ad utilizzabilità e forza probatoria, a quelli raccolti dal PM e, pertanto, il giudice al quale essi siano stati direttamente presentati ai sensi dell’art. 391-octies non può limitarsi ad acquisirli, ma deve valutarli unitamente a tutte le altre risultanze del procedimento, spiegando – ove ritenga di disattenderli – le relative ragioni con adeguato apparato argomentativo (Sez 2, 13552/2002).
L’omessa trasmissione al Tribunale del Riesame di atti investigativi della difesa da parte del PM non comporta l’inefficacia della misura adottata.
E invero, posto che la ragione giustificatrice della sanzione prevista dall’articolo 309 risiede nella finalità di evitare che l’accusa, deputata alla selezione degli atti da trasmettere, impedisca al tribunale del riesame una valutazione dell’intero materiale investigativo incidente sulla posizione cautelare della persona indagata, può ragionevolmente escludersi che siffatto pericolo sussista con riguardo alle risultanze dell’investigazione difensiva, trattandosi di atti che la stessa parte ha formato e di cui è sin dall’inizio a perfetta conoscenza.
Alla stessa parte, peraltro, è espressamente riconosciuta dall’articolo 39-octies, comma 3, prima parte, la possibilità di conservare la documentazione formata in originale e di presentare direttamente al giudice (dunque al tribunale del riesame) gli elementi di prova a favore del proprio assistito mediante deposito in cancelleria o alla stessa udienza.
In conclusione, quindi, deve osservarsi che un’interpretazione dell’articolo 309, comma 5 ispirata a criteri sostanziali suggerisca di ritenere che gli “elementi favorevoli” ivi richiamati siano quelli nella disponibilità esclusiva del PM, che la parte non poteva tempestivamente conoscere e presentare al giudice dell’impugnazione, posto che altrimenti la disciplina codicistica risulterebbe del tutto irrazionale e foriera di ingiustificate disparità di trattamento (TDR Reggio Calabria, ordinanza 2.11.2006).