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Ti registro ma non lo sai!

Le registrazioni occulte tra colleghi e il licenziamento per giusta causa
registrazioni audio
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Indice

1. Premessa

2. Il ruolo delle registrazioni nel licenziamento per giusta causa

3. La decisione della Cassazione

4. La nozione di giusta causa

 

1. Premessa

Il tema delle registrazioni occulte in ambito lavorativo è arrivato all’attenzione della Cassazione nei procedimenti di licenziamento per giusta causa contro il datore di lavoro, in quanto, sempre più spesso, è necessario operare un bilanciamento tra la disciplina del trattamento dei dati, sancito dal GDPR e dal Codice Privacy, e la legittimità del licenziamento per giusta causa.

Già in due precedenti contributi – disponibili su Filodiritto ai link in calce – abbiamo affrontato tale tematica con riferimento a due sentenze della Corte di Cassazione:

  • la n.11322/2018 considerava illegittimo il licenziamento per giusta causa del lavoratore che aveva effettuato la registrazione di conversazioni con i colleghi durante l’orario di lavoro e, nell’ambito di un procedimento disciplinare, le aveva consegnate al datore di lavoro, adottando tutte le dovute precauzioni al fine di non diffondere i dati raccolti;
  • la n. 11999/2018, al contrario, confermava la legittimità del licenziamento per giusta causa in quanto, in tal caso, non solo le registrazioni erano state effettuate senza il consenso degli interessati, ma vi era stato un evidente disinteresse del lavoratore al rispetto della riservatezza dei dati dei colleghi.

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 12534 del 10 maggio 2019 è tornata sull’argomento, con riferimento al ricorso presentato da un dirigente sorpreso a registrare conversazioni con i colleghi sul posto di lavoro, al quale era stato intimato il licenziamento per giusta causa.

 

2. Il ruolo delle registrazioni nel licenziamento per giusta causa

Il ricorso presentato alla Corte di Cassazione riguardava il licenziamento per giusta causa ai sensi dell’articolo 2119 codice civile intimato ad un dirigente che aveva effettuato la registrazione di conversazioni tra i colleghi, durante l’orario e nei luoghi di lavoro, ritenuto legittimo sia dal Tribunale sia dalla Corte d’Appello di Bologna.

In particolare, i primi due gradi di giudizio ritenevano legittimo il licenziamento in quanto il dirigente aveva dimostrato un comportamento ostile nei confronti dell’azienda di cui era dipendente, durante l’esecuzione del contratto di lavoro. Il giudice d’appello, infatti, rilevava che tra i comportamenti menzionati nella lettera di intimazione del licenziamento e messi in atto dal dirigente, quali l’auto-assegnazione di periodi di congedo per ferie o gravi accuse di illecito nei confronti dei vertici dell’azienda, determinanti la giusta causa di licenziamento, vi fosse il mettere in atto registrazioni audio in forma occulta delle conversazioni tra i colleghi, all’insaputa degli stessi e, pertanto, senza il consenso.

Tra i motivi di ricorso in Cassazione, oltre a quello relativo all’interpretazione della nozione di “giusta causa” ai sensi dell’articolo 2119 del codice civile – di cui si dirà più avanti –, ciò che in questa sede rileva, in via principale, è quello relativo al preteso errore di diritto della Corte d’Appello, la quale aveva ritenuto illegittime le registrazioni occulte oggetto della lettera di intimazione del licenziamento.

Secondo il ricorrente, le registrazioni, anche se ottenute in maniera occulta e senza il consenso degli interlocutori, dovevano considerarsi alla stregua di comportamenti legittimi, posto che la funzione ultima sarebbe stata quella di fungere da prova nell’ambito di un procedimento giudiziario per far valere un proprio diritto. Tale motivo risultava in linea con la consolidata giurisprudenza in materia di registrazioni occulte nei luoghi di lavoro.

 

3. La decisione della Cassazione

I giudici di legittimità hanno confermato la propria giurisprudenza in materia, cassando la decisione dei giudici di merito.

In sostanza, all’esito della decisione della Cassazione, sono emersi due profili in materia di registrazioni occulte.

Il primo profilo è relativo al legittimo uso delle registrazioni occulte effettuate nei luoghi di lavoro al fine di precostituirsi un mezzo di prova. La Cassazione, confermando quanto espresso nella su menzionata sentenza n.11322/2018, ha affermato che

la condotta del lavoratore è legittima ed inidonea ad integrare un illecito disciplinare se il fine ultimo è quello di precostituirsi dei mezzi di prova in una potenziale vertenza contro il proprio datore di lavoro.

Il secondo profilo riguarda l’utilizzo intrinseco delle registrazioni occulte, in quanto queste divengono lecite, a prescindere dal consenso reso dagli interessati e pertanto utilizzabili durante un procedimento disciplinare e/o giudiziario, purché il contenuto delle conversazioni sia pertinente alla tesi difensiva. In tal caso l’organo giudicante opererà un bilanciamento tra il diritto alla riservatezza e il legittimo esercizio di un diritto in sede giudiziaria, ritenendo lecite le registrazioni effettuate di nascosto e senza il consenso degli interessati.

Sul punto infatti la Cassazione stabilisce che: “l’utilizzo a fini difensivi di registrazioni di colloqui tra il dipendente e i colleghi sul luogo di lavoro non necessita del consenso dei presenti, in ragione dell’imprescindibile necessità di bilanciare le contrapposte istanze della riservatezza da una parte e della tutela giurisdizionale del diritto dall’altra e pertanto di contemperare la norma sul consenso al trattamento dei dati con le formalità previste dal codice di procedura civile per la tutela dei diritti in giudizio; ne consegue che è legittima, ed inidonea ad integrare un illecito disciplinare, la condotta del lavoratore che abbia effettuato tali registrazioni per tutelare la propria posizione all’interno dell’azienda e per precostituirsi un mezzo di prova, rispondendo la stessa, se pertinente alla tesi difensiva e non eccedente le sue finalità, alle necessità conseguenti al legittimo esercizio di un diritto”.

 

4. La nozione di giusta causa

Per completezza di informazione è opportuno far riferimento alla nozione di giusta causa prevista dall’articolo 2119 del codice civile, posto che uno dei motivi della decisione fa leva sulla errata applicazione di tale articolo, al fine di valutare la legittimità del licenziamento.

L’articolo in oggetto definisce la giusta causa come “una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto”; nozione astratta che il ricorrente riteneva non applicabile al caso oggetto del ricorso in Appello.

La Cassazione ha affermato che, la Corte d’Appello, «non poteva, come, invece, avvenuto, nell’affermare la legittimità del licenziamento, limitarsi a fare riferimento alla nozione astratta di “giusta causa” contemplata dall’art. 2119 c.c. dovendo, comunque, verificarne la sussistenza in correlazione con i criteri concordati dalle parti collettive nell’individuare le condotte di rilevanza disciplinare e nel graduare le sanzioni».

 

Per ulteriori approfondimenti sul tema delle registrazioni occulte in ambito giuslavoristico, si vedano i contributi:

Licenziamento - Cassazione Civile: è illegittimo il licenziamento del dipendente che utilizza le registrazioni fonografiche occulte per scopi difensivi

Licenziamento - Cassazione Lavoro: è legittimo il licenziamento del dipendente che riprende in forma occulta il datore di lavoro e i colleghi durante l’orario lavorativo