x

x

Traffico di influenze illecite: il vademecum della Cassazione

(Cass. pen., Sez. VI, sentenza n. 40518/2021)
USA AntelopeCanyon
Ph. Antonio Capodieci / USA AntelopeCanyon

Una recente decisione ha dato alla Corte di cassazione l’occasione di offrire a studiosi e pratici una riflessione articolata sul delitto previsto dall’art. 346-bis cod. pen. 

I giudici di legittimità hanno anzitutto ritenuto che il legislatore abbia assegnato alla fattispecie lo scopo di rendere più efficace la prevenzione del fenomeno corruttivo, penalizzando gli accordi di scambio nei quali il trafficante, sfruttando o vantando una sua capacità reale o soltanto asserita di influenzare un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio, si fa dare o promettere indebitamente denaro o un’altra utilità da un individuo interessato come prezzo della sua mediazione illecita o come remunerazione per il soggetto pubblico per l’esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri. 

Si è creato dunque un nuovo reato che dà rilievo penale a condotte che, senza ancora essere corruttive, normalmente precedono e agevolano la corruzione

La loro antigiuridicità coincide non con lo sfruttamento del sistema relazionale del soggetto agente ma con l’intermediazione finalizzata ad influenzare illecitamente l’attività della pubblica amministrazione

Il legislatore non ha inteso tipizzare le influenze illecite né si può assumere come punto di riferimento per differenziazione la mediazione legittima (lobbying) data la perdurante mancanza di una regolamentazione normativa di tale attività. 

L’indeterminatezza della fattispecie incriminatrice sul punto comporta il rischio di attrarre nella sfera del penalmente rilevante condotte che, pur opache o scarsamente trasparenti, potrebbero non essere patologiche e sarebbero comunque di difficile oggettivizzazione. Ne risulterebbe leso conseguentemente il principio di legalità. 

Serve quindi individuare un elemento certo al quale assegnare efficacia tipizzante e non può che consistere nella finalità perseguita attraverso la mediazione: questa è illecita solo quando ha il fine di propiziare la commissione di un  fatto di reato capace di produrre vantaggi per il committente. 

Questa precisazione rende inutile stabilire se gli atti compiuti dal pubblico agente in esecuzione dell’accordo abbiano violato specifiche regole di condotta poiché ciò che conta è appunto la finalità illecita dell’accordo medesimo. 

Ulteriori chiarimenti hanno riguardato l’ipotesi aggravata del terzo comma dell’art. 346-bis, vale a dire la mediazione qualificata che si ha quando il traffico illecito ha come protagonista un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio. 

In questo caso l’illiceità della mediazione onerosa precede il risultato illecito perseguito dalle parti (potendone anche prescindere) e consiste nella vendita da parte del soggetto titolare di funzioni pubbliche della sua influenza su altri pubblici agenti. 

Va da sé che si deve comunque trattare di una condotta non punibile a titolo di corruzione – a ciò ostando la clausola di salvezza inserita nel primo comma – e pertanto non consistente nell’uso dei poteri funzionali propri del ruolo del soggetto agente. 

In altri termini, il trafficante qualificato deve agire al di fuori delle sue funzioni e quindi come extraneus rispetto all’ambito funzionale oggetto della mediazione illecita. 

Infine, si è ribadito che il traffico di influenze illecite si pone in continuità normativa col delitto di millantato credito, salvo che per l’ampliamento dei soggetti pubblici cui è offerta la mediazione, sicché è irrilevante che la condotta sia iniziata prima dell’introduzione del nuovo reato.