Anton Cechov, lo scrittore che non volle metterci il naso
Cechov, lo scrittore che non volle metterci il naso
Ci sono pochi scrittori al mondo più di Anton Cechov capaci di influenzare i colleghi con il suo modo di scrivere e di approcciarsi alle storie. Quando si pensa, ad esempio, ai migliori scrittori di racconti di sempre il suo nome compare ogni volta, magari insieme a quello di Raymond Carver e a Ernest Hemingway.
La sua capacità descrittiva, la narrazione asciutta, efficace, di grande impatto emotivo è improntata a un realismo assoluto, così crudo e vero che fu spesso accusato dai contemporanei di amoralità, il rigore ferreo e lineare, descrittivo all’inverosimile, mai giudicante, hanno fatto di Cechov uno degli scrittori migliori e più rispettati di ogni tempo.
Questo realismo cosmico, vera cifra stilistica di tutto il lavoro dello scrittore russo, non sempre fece parte del modo di vedere le cose di Cechov, soprattutto per quanto riguarda il suo lavoro teatrale.
C’è un bell’aneddoto su questo fatto, che riguarda il rapporto tra il grande regista, attore e insegnate di recitazione Konstantin Sergeevič Stanislavskij che un giorno si trovò a lavorare con lo scontroso Cechov nella realizzazione del “Gabbiano”, dramma teatrale in quattro atti scritto dal maestro nel 1895.
Stanislavskij, l’autore del celebre metodo basato sul realismo più assoluto e sull’immedesimazione tra attore e mondo interiore del ruolo interpretato, per rendere la situazione scenica e drammaturgica più reale propose a Cechov di mettere sul palco delle rane e delle libellule vere.
Cechov non era d’accordo, e si oppose, non capendone il motivo. Stanislavskij insistette e Cechov gli domandò perché volesse usare animali veri sul palcoscenico. Allora il regista rispose:
“Perché così è tutto più vero, è più realistico”.
A quel punto lo scrittore ci pensò un po’ su poi rispose a Stanislavskij che era del tutto inutile, allo stesso modo in cui sarebbe stato inutile togliere da un ritratto a olio su tela il naso dipinto per sostituirlo con un naso vero.
Così è se vi pare, insomma. Chissà cosa ne avrebbe pensato il grande Gogol…