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Condizioni della strada: nessun risarcimento al ciclista

La città muta - Luci (I)
Ph. Anuar Arebi / La città muta - Luci (I)

Con sentenza n. 34883, del 17 novembre scorso, la Sesta sezione della Suprema Corte ha escluso il risarcimento danni richiesto da un ciclista a seguito di caduta verificatasi, a suo dire, a causa del cattivo stato di manutenzione del manto stradale. Per la Corte il danneggiato era a conoscenza dello stato dei luoghi e avrebbe dovuto osservare una maggiore diligenza.

 

Condizioni della strada note al ciclista: la vicenda

La vicenda tra le mosse dalla richiesta di risarcimento danni avanzata dal ciclista, innanzi al Tribunale di Pescara, nei confronti di ANAS Spa quale custode della strada ex art. 2051 c.c.

Il ciclista lamentava il cattivo stato di manutenzione della strada che presentava degli avvallamenti causa, a suo dire, della rovinosa caduta dalla bicicletta.

A seguito di impugnazione anche la Corte di Appello di L’Aquila, al pari del Tribunale, rigettava l’appello e condannava l’appellante al pagamento delle spese di lite. In entrambi i gradi di giudizio la condotta del ciclista era stata ritenuta causa esclusiva del danno subito.

Ciò posto, con ricorso in Cassazione il ciclista lamentava un’erronea applicazione dell’art. 2051 c.c. e la mancata prova, da parte di ANAS del caso fortuito.

 

Condizioni della strada note al ciclista: la responsabilità da cose in custodia ex art. 2051 c.c.

Prima di analizzare la decisione della Suprema Corte è quindi opportuno esaminare la disciplina dettata dall’art. 2051 c.c. in tema di responsabilità da cose in custodia.

Ai sensi dell’art. 2051 c.c. “Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”.

La norma richiede che il danno derivi direttamente dalla cosa, in ragione della sua particolare natura, della sua concreta potenzialità dannosa, o del suo dinamismo intrinseco.

Il soggetto chiamato a rispondere del danno derivante dalla cosa è il custode della stessa, che va identificato nel soggetto che eserciti sulla cosa una signoria di fatto e che gli consenta di controllare i rischi inerenti alla cosa e di evitare che la stessa produca dei danni.

Secondo l’impostazione dominante si tratterebbe di un’ipotesi di responsabilità oggettiva, in quanto il custode, per andare esente da responsabilità, non deve provare la sua assenza di colpa ma deve fornire la prova positiva dell’intervento di una causa esterna alla sua sfera di azione idonea ad interrompere il nesso di causalità tra la cosa e l’evento lesivo (c.d. caso fortuito).

In particolare, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, la condotta della vittima del danno causato da una cosa in custodia può costituire un “caso fortuito”, ed escludere integralmente la responsabilità del custode ai sensi dell’art. 2051 c.c., quando abbia due caratteristiche: sia colposa e non fosse prevedibile da parte del custode (cfr., Cass. civ. n. 25837/2017; Cass. civ. n. 18319/2019).

 

Condizioni della strada note al ciclista: la decisione

Nel caso di specie, sulla base di tali coordinate la Cassazione, ritenendo colposa e non prevedibile la condotta del ciclista, rigetta il ricorso.

Innanzitutto, richiama le ordinanze del primo febbraio 2018 n. 2480, 2481, 2482, 2483 con le quali era stato chiarito come in tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato, che entri in iterazione con la cosa, si atteggi in maniera diversa a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso; richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 della Costituzione.

Per la Corte “ne consegue che, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un'evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l'esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro”.

Ciò posto, viene ritenuto corretto l’accertamento di fatto effettuato dai giudici di merito, secondo i quali il ciclista danneggiato conosceva a sufficienza lo stato dei luoghi e, considerate altresì le condizioni del traffico, avrebbe certamente potuto e dovuto osservare un grado maggiore di diligenza.

Al contrario, il ciclista nonostante fosse a conoscenza del traffico e dell’avvallamento stradale ben illuminato e visibile - essendo il sinistro avvenuto alle 8,30 del mattino di una giornata di fine settembre - non avrebbe affatto diminuito la sua andatura. Per tali ragioni, la Suprema Corte ha ritenuto corrette le valutazioni dei giudici di merito, i quali, attraverso un’interpretazione dell’art. 2051 c.c. che tiene conto del dovere generale di cautela, hanno addebitato il sinistro alla esclusiva responsabilità del ciclista/danneggiato.