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Coppia al rogo

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La coppia. Sulle fondamenta di quel che fu l'origine dell'umanità (la coppia, la famiglia), gettarono dubbi, affermazioni aberranti che rasentano il grottesco. Ecco Buscaroli, 1975.

 

Forse ci sono tribunali segreti che scelgono le vittime, che poi saranno pubblicamente immolate. Quando uno della mafia apre il fuoco, non è mai un colpo isolato: prima o poi la sparatoria crivellerà la vittima. Parlo della mafia intellettuale. I suoi padrini sono sparsi dappertutto. Non ci troverai un vero poeta, un autentico filosofo, un vero politico. Ma abitanti delle zone incerte, pendolari, frontalieri del pensiero: sociologi, psicologi, cineasti, giornalisti. La mafia sceglie bersagli astratti, che secondano il gusto radicale, il repertorio ascetico. Si accanisce contro bersagli generalmente amati, perché ciò circonda il suo gusto di sentirsi intelligente e, alla lunga, incompresa.

Il bersaglio, stavolta, è la coppia. La coppia normale, il lui e lei di sempre: che si trovano, vivono la loro illusione d’eternità, e poi la delusione: chi bene, con dignità e amicizia; e chi male, con fastidio e magari con odio. Ma ci sono anche i privilegiati che arrivano al traguardo, freschi, e insieme.

Gli attacchi si rinnovano, da mesi. Il sociologo Alberoni, ripetuta senz’ombra di dubbio la storiella di Edipo raccontata da Freud, descrive i nuovi congegni familiari con la finezza di certi lavoretti messi su col meccano. “Mai i padri sono vissuti coi figli come oggi, mai sono stati come oggi “madri”. All’invidia del pene, come hanno osservato le femministe, si sostituisce L’invidia dell’utero”. Rileggo ogni tanto questo passo, turbato. Dopo tutto, la misura delle mie cose, sono ancora io. M’interrogo, ma non provo questa invidia. Madrizzato finché volete, sono ancora un padre. Ha torto il sociologo, oppure io sono anormale? Non datemi del qualunquista, bisogna pur “verificare”, ogni tanto. Ma il sociologo non ha dubbi. Dice che, per questa faccenda del pene e dell’utero, “sono cadute le basi materiali della monogamia assoluta. A che titolo l’uolo può chiedere ancora di essere amato come un oggetto esclusivo?”

Dio, com’è vecchia questa roba. La parabola dell’amore nei secoli è un flusso e riflusso di eccessi, raggiunti e respinti: dalle estasi stellari all’indifferentismo pansessuale, dal mito di Tristano, alle Liasons di Laclos. Denis de Rougement scrisse un libro mirabile, L’amore e l’Occidente nel 1938 e lo rifece nel 1954. “La fedeltà non è affatto una sorta di conservatorismo. È piuttosto una costruzione”. Questa l’essenza della “coppia”, ora aggredita: non tanto è ovvia, quanto è difficile. E ancora, è una caratteristica della nostra civiltà: “la sapienza orientale cerca la conoscenza nell’abolizione progressiva del diverso. Noi cerchiamola densità dell’essere nella persona distinta, incessantemente approfondita come tale”.

La fedeltà, dunque, non si rivoltola nella monotonia, ma aspira alla conoscenza e all’originalità. Certo che è difficile. Come è difficile comporre musica, invece che segare pianoforti, scolpire, invece che scaldare ferraglie, dipingere invece che far graffi e buchi nelle tele, lavorare invece che darsi assenti.

L’aggressione contro la coppia è parte di un processo di distruzione che mira ai pilastri portanti di una civiltà. Perciò è così feroce. Mutua il furore dalle vecchie inquisizioni. “sei una cattolica”, ringhia la signorina Fallaci fulminando la sua oppositrice Armanda Guiducci, che arretra terrorizzata: “No, non sono cattolica”. Si sente già la puzza di bruciacchiato del rogo laico e radicale. “Alludi al matrimonio come ad un sacramento” incalza l’una. E  l’altra conclude: “Chi se ne frega del sacramento”.

Lo “psicologo” Origlia, nell’Europeo, lancia l’accusa suprema: “Fare il processo alla coppia è fare il processo al capitalismo e al fascismo; la coppia è una microstruttura capitalistica che permette, come nella nostra recente storia, una gestione fascista… Il capitale è rappresentato dal patrimonio affettivo, il fascismo dal sesso egemone”.

Dopo aver paragonato la famiglia ad una società criminale per l’esportazione di valuta, e l’amore tra madre e figlio a un libretto in banca, lo “psicologo” conclude: “Nel volersi bene di coppia, c’è il segno del capitalismo e anche del fascismo”.

Se è così, nuvole nere incombono sulla repubblica.

Andato alla stazione per accompagnare un amico, ho visto lungo le pensiline una quantità di giovani coppie che si baciavano, libere da remore e pudori che impacciavano le nostre giovinezze. Ignoravano le insidie che il tempo e la natura porteranno all’unicità del loro rapporto. Erano coppie, in quel momento, orgogliose di esserlo o anelanti a diventarlo. Si sbaciucchiavano tra sorrisi, buffetti, ganascini.

Rabbrividii disgustato e mi dissi: “Questo fascisti”. Quasi quasi, andavo a telegrafare all’onorevole Facta: “Eccellenza, stiamo arrivando”.

 

Da “Il Giornale”, 7 novembre 1975