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Giudizio di prevenzione: no a massimalismi valutativi, sì a un contraddittorio effettivo

Nota a Cass. Pen., sez. II, sentenza n. 17056/2022, udienza del 31 marzo 2022
Corte di Cassazione
Corte di Cassazione

Giudizio di prevenzione: no a massimalismi valutativi, sì a un contraddittorio effettivo.

Nota a Cass. Pen., sez. II, sentenza n. 17056/2022, udienza del 31 marzo 2022


1) La vicenda

Con un decreto emesso nel 2014 e divenuto definitivo nel 2020 il tribunale di Catania aveva disposto la confisca di prevenzione di taluni fondi.

Sugli stessi, nel biennio 2001/2002, con diversi atti erano stati costituiti diritti di superficie in forza dei quali il superficiario edificava piattaforme eoliche che in seguito avevano acquisito un’identità catastale autonoma.

Dopo il passaggio in giudicato della confisca, la società attualmente titolare della proprietà superficiaria (per averlo acquisito dalle titolari originarie) ha promosso un incidente di esecuzione dinanzi al tribunale di Catania, chiedendo la retrocessione dei beni oggetto del suo diritto.

L’organo giudiziario adito ha rigettato l’istanza osservando che la superficiaria, terza nella procedura di prevenzione, non aveva dimostrato né di essere estranea al reato attribuito ai destinatari diretti della stessa né di versare in una condizione di buona fede soggettiva, risultando al contrario che le sue danti causa avevano agito di concerto con soggetti intranei ad organizzazioni mafiose.


2) Il ricorso per cassazione

La superficiaria ha impugnato il provvedimento di rigetto, deducendo tre motivi.

Con il primo ha eccepito che, allorquando sia in rilievo un diritto proprio autonomo rispetto alla proprietà del suolo, è applicabile non il secondo periodo del quarto comma dell’art. 2-ter L. n. 575/1965 che riguarda i diritti reali di godimento in re aliena ma il primo periodo che riguarda invece i diritti reali in rem propriam. La conseguenza è che la proprietà superficiaria non avrebbe potuto essere confiscata.

Con il secondo, conseguente logicamente al primo, ha eccepito che i parametri della non inferenza, estraneità e buona fede non si applicano ai diritti reali sulla cosa propria e che, in ogni caso, l’attuale legittima proprietaria superficiaria non può essere penalizzata da elementi psicologici riferibili ai suoi remoti danti causa.

Con il terzo motivo ha dedotto infine che nella procedura di prevenzione era stata accertata la liceità dei redditi percepiti dai soggetti proposti per la locazione e la cessione dei diritti reali ai gestori del parco eolico sicché era mancante e illogica la motivazione della confisca in parte qua.


3) La decisione della Suprema corte

Il collegio della seconda sezione penale ha ritenuto fondati il secondo e il terzo motivo di impugnazione.

Nella motivazione si è premesso che il ricorso contro l’ordinanza emessa in esito ad un incidente di esecuzione non è limitato alla sola violazione di legge e può quindi estendersi all’intera gamma dei vizi elencati dall’art. 606 cod. proc. pen., ivi compresi quelli concernenti la mancanza, la contraddittorietà e l’illogicità della motivazione (in tal senso, Cass. Pen., sez. I, sentenza n. 16450/2021).

Si è osservato di seguito che nell’ordinanza impugnata, a fronte della richiesta inopponibilità della confisca ai diritti reali autonomi dei terzi, acquistati a titolo derivativo e trascritti assai prima dell’inizio del procedimento di prevenzione, si sono ritenute applicabili alla fattispecie le regole dettate dai commi 194 e ss. dell’art. 1, L. n. 228/2012 ed in particolare quelle dettate dal comma 197 a norma del quale «Fuori dai casi di cui al comma 195, gli oneri e pesi iscritti o trascritti sui beni di cui al comma 194 anteriormente alla confisca sono estinti di diritto».

Si è ricordato ancora che nella medesima ordinanza è stata valorizzata l’assenza di dimostrazione della buona fede del terzo titolare della proprietà superficiaria.

Tanto premesso, il collegio di legittimità ha constatato, richiamando un consolidato indirizzo espresso in numerose pronunce della seconda sezione civile della Suprema corte (tra le tante Cass. Civ., sez. II, sentenza n. 23547/2017) che «la "proprietà superficiaria" di un immobile - che consiste nella proprietà della costruzione separata dalla proprietà del suolo e si distingue dal diritto di superficie, quale diritto di costruire e mantenere la costruzione sul suolo altrui (art. 952 cod. civ.) - limitando il diritto del proprietario del suolo, il quale non può avvalersi della facoltà di costruire in pregiudizio del diritto del superficiario e non può beneficiare degli effetti dell'accessione, va inquadrata, quale ius in re aliena, tra i diritti reali di godimento su cosa altrui (principio che affonda le radici in datati precedenti: Sez. 2, n. 3409 del 13/10/1976). La proprietà superficiaria di quanto oggetto di edificazione su suolo altrui costituisce pertanto un quid minus, ancorché autonomo (per quanto limitato nel tempo), rispetto al pieno diritto di proprietà (Sez. 2, n. 21930 del 15/10/2009)».

Ciò nondimeno, nel caso concreto tale diritto si costituì, fu trascritto ed acquisì autonoma identificazione catastale ben prima dell’esercizio dell’azione di prevenzione, risalente al 2009.

Non erano pertanto applicabili ratione temporis alla fattispecie né le disposizioni del D.Lgs. 159/2011 (meglio noto come codice antimafia) né quelle dei commi 194 e ss. dell’art. 1, L. n. 228/2012.

Se dunque queste fonti sono inapplicabili e se la superficie è un diritto reale di godimento su cosa altrui, la norma di riferimento è necessariamente l’art. 2-ter, comma 4, L. 575/1965, che consente al terzo di intervenire nel procedimento per fare accertare il suo diritto, la sua estraneità alla pericolosità sociale del proposto, la sua buona fede e l’inconsapevole affidamento all’atto dell’acquisizione del diritto stesso.

Nel caso in esame il tribunale di Catania ha valorizzato un generico interesse mafioso verso l’attività d’impresa di cui è frutto il parco eolico e i rapporti tra gli imprenditori e il proprietario del suolo.

Si tratta però di elementi niente affatto dirimenti posto che la stipula di un contratto richiede necessariamente contatti e negoziati tra le parti.

Per contro, il tribunale, sebbene l’istante gliene avesse dato prova, non ha attribuito alcun peso alla liceità della provvista finanziaria usata dalle acquirenti originarie per l’acquisto, alla legittimità delle opere costruite sul suolo, all’estraneità del proprietario del suolo alla compagine sociale delle acquirenti e, infine, della totale estraneità della ricorrente al contesto iniziale.

Il collegio ha ritenuto quindi manifestamente illogica la motivazione del provvedimento impugnato e lo ha annullato con rinvio.


4) Il commento

La sentenza qui commentata appare ineccepibile.

Lo è anzitutto nella classificazione della proprietà superficiaria come ius in re aliena, corrispondente ad un indirizzo consolidato della giurisprudenza civile di legittimità e coerente alla natura di un diritto la cui costituzione limita il diritto del proprietario del suolo.

Lo è, ancor di più, nella sconfessione dei massimalismi valutativi ampiamente usati nell’ordinanza impugnata e della tendenza, purtroppo più diffusa di quanto si vorrebbe, a svalutare o addirittura ignorare gli elementi dimostrativi di fonte difensiva.

In altri termini ed in conclusione, la decisione della seconda sezione penale riaccredita il valore del contraddittorio anche nel giudizio preventivo ed è sicuramente un fatto meritorio.