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Le sentenze di portata generale della Corte di Strasburgo e il dovere di conformazione dell’ordinamento interno

la prima sezione penale della Cassazione, con l’ordinanza n. 45178/2021, rimette la questione alle Sezioni unite
Lecce
Ph. Antonio Capodieci / Lecce

La sentenza della Corte EDU

L’8 luglio 2021 la prima sezione della Corte EDU ha definito con sentenza la controversia Maestri e altri c. Italia (Ricorsi nn. 20903/15 e altri 3).

Nell’occasione i giudici europei dei diritti umani hanno affermato che la riforma in pejus della sentenza di primo grado ad opera del giudice d’appello viola l’art. 6, § 1 CEDU allorché l’accusato che pur contumace non ha rinunciato ad essere presente in giudizio non sia stato posto nella condizione di esporre mediante il suo esame le sue argomentazioni sui fatti determinanti per l’accertamento della sua colpevolezza.

 

L’ordinanza di rimessione

La vicenda sottoposta alla prima sezione penale della Corte di cassazione, pur riguardando un ricorrente diverso da quelli costituitisi dinanzi la Corte EDU, è sovrapponibile a quella sottoposta a quest’ultima Corte.

Nel giudizio di appello, infatti, il ricorrente per cassazione è stato riconosciuto responsabile di un reato per il quale era stato assolto in primo grado e la riforma a suo danno è avvenuta senza che la Corte di appello ne assumesse l’esame o, in alternativa, accertasse la volontà dell’imputato di rinunciare alla presenza in giudizio.

Il PG presso la Suprema Corte ha chiesto dichiararsi l’annullamento senza rinvio della decisione impugnata per intervenuta prescrizione del reato, sul presupposto della violazione della decisione europea ad opera del giudice di secondo grado e del tempo passato dai fatti.

Il collegio decidente ha ravvisato che il tema posto dalla richiesta dell’accusatore pubblico, ove condiviso, comporterebbe l’introduzione di un principio giuridico capace di produrre un impatto significativo nell’ordinamento interno.

Ha osservato che la sentenza Maestri ha generato a carico del giudice d’appello «un obbligo di azione positiva» tale da porre l’imputato nella condizione di essere ascoltato anche se non lo abbia chiesto espressamente (essendo peraltro irragionevole attendersi una richiesta del genere da chi è stato assolto dal giudice di primo grado) e purché non vi abbia rinunciato in modo inequivocabile.

Questo obbligo deve tradursi nella predisposizione di un’udienza appositamente destinata all’esame dell’imputato.

Il collegio ha poi riconosciuto che la decisione Maestri, pur non potendo essere considerata una sentenza pilota nei termini indicati dall’art. 61 del Regolamento CEDU, possiede comunque le caratteristiche delle sentenze di portata generale di cui al comma 9 del medesimo art. 61 e le si deve pertanto attribuire il valore di una «fonte giuridica sovranazionale di matrice giurisprudenziale, immediatamente vigente nell'ordinamento interno in quanto introduttiva di un principio processuale generale».

Ha constatato per converso la mancanza di una giurisprudenza interna consolidata sul principio affermato dai giudici di Strasburgo, per via del breve periodo decorso dalla sua esplicitazione.

È quindi necessario «l’intervento nomofilattico e chiarificatore delle Sezioni Unite sulla effettiva estensione del principio generale contenuto nella sentenza della Corte EDU Maestri c. Italia cit., posto che tale pronuncia impone un dovere conformativo dell'ordinamento interno, per la necessità di garantire il rispetto dei diritti fondamentali della persona in linea con i principi della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, il cui art. 7, come interpretato dalle Corti europee, include nel concetto di legalità sia il diritto di produzione legislativa che quello di derivazione giurisprudenziale».

Del resto, ha osservato il collegio, «pur in assenza di esplicita indicazione da parte della Corte sovranazionale dell'esistenza di una violazione sistematica e strutturale del diritto all'equo processo nella casistica de qua, la sentenza Maestri c. Italia […] individua un vulnus sia procedurale che sostanziale, laddove non vi sia stata apposita citazione dell'imputato per l'esame innanzi al giudice di appello prima di essere condannato - per la prima volta - a seguito di un giudizio di primo grado definito con pronuncia di assoluzione».

Il collegio ha infine ritenuto di essere legittimato alla rimessione sulla base sia di un’interpretazione estensiva e sistematica dell’art. 374, comma 2, cod. proc. civ. che della valorizzazione dell'art. 618 cod. proc. pen., dal quale si desume la possibilità dell’intervento delle Sezioni unite allo scopo di prevenire potenziali contrasti giurisprudenziali.

Sulla base di queste complessive coordinate, il collegio della prima sezione penale ha trasmesso gli atti alle Sezioni unite perché dettino criteri orientativi per la decisione del ricorso in esame e per le decisioni future.

 

In conclusione

Non si può certo prevedere cosa intenderanno fare le Sezioni unite, se cioè tratterranno il giudizio oppure no e se, in caso positivo, assegneranno alla sentenza Maestri lo stesso valore e le stesse conseguenze intraviste dal collegio rimettente.

È certo invece che l’idea di giusto processo che si ha a Strasburgo e le sentenze che la rendono concreta stanno diventando un’onda di piena che mette sempre più a dura prova quella voglia di “sovranità giurisprudenziale” che ha tradizionalmente caratterizzato la nostra giurisdizione e che oggi appare obsoleta e ingiustificata.

Dalla Corte EDU arrivano ormai a cadenza ravvicinata spinte ed impulsi ad un processo penale che sappia al tempo stesso liberarsi dai formalismi inutili e recuperare il valore e la difesa dello statuto garantistico essenziale a protezione di chi si difende.

E' un’onda che non si può fermare ed è un bene.