Tu chiamale se vuoi emozioni: la paura
“L'importante non è stabilire se uno ha paura o meno, è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa. Ecco, il coraggio è questo, altrimenti non è più coraggio ma incoscienza.”
Giovanni Falcone
Eccoci qua in questo inizio anno a parlare di paura (grazie al solito contributo di Erica Francesca Poli sulle emozioni). Forse un po’ in controtendenza rispetto alle parole che in questo periodo si sentono pronunciare più spesso: auguri, propositi, serenità, obiettivi. Dopo 2 anni di pandemia siamo anche un po’ stufi di avere paura, ma cogliamo l’occasione per fare un breve viaggio in questa emozione che parla di minaccia, di danni ma anche di protezione e di preparazione a superare gli ostacoli.
È una parola che parla di coraggio (da rileggere mille volte il bellissimo spunto di riflessione di Grazia Mannozzi, Coraggio), di fare ciò che vogliamo in modo diverso. Spesso con la paura abbiamo un’alta attivazione emotiva che conduce alla fuga o all’attacco, all’evitare situazioni di pericolo. Ma anche al trovare soluzioni nuove, al cambiare momenti e persone che non sentiamo più nostre. A volta la paura parla di messaggi “non sei capace, non ce la farai mai” imparati da bambini ma anche della capacità di superare i nostri limiti e di smentire quelle cognizioni impietose che ci hanno accompagnato. Parla di sfide da raggiungere e di accettazione dei nostri limiti. Parla di legittimarci con le nostre imperfezioni. Parla di protezione: senza paura del Covid saremmo tutti senza mascherine e senza vaccini e forse un po’ più malati (se ancora vivi).
La paura ci parla di sopravvivenza: senza paura la razza umana non ci sarebbe più! Non per nulla l’assenza di paura è una patologia (sindrome di Urbach-Wiethe) che porta a comportamenti dissennati e progressivamente all’autodistruzione.
Proviamo ora a fare un esercizio per affrontare una nostra paura: pensiamo a qualcosa che ci spaventa, qualcosa che temiamo, un episodio del passato spaventoso. Viviamo ogni istante, sentiamo che cosa accade nel corpo, la tensione, i muscoli che si irrigidiscono, il cuore che accelera. Sostiamo in lei, rappresentiamoci come un film quello che viviamo e diamo voce a quello che vorremmo fare. Quello è il momento chiave, il momento dell’azione, del coraggio, del superare gli ostacoli. Proprio come ai pazienti che soffrono di attacchi di panico (la paura della paura, terrificante) il suggerimento è di accogliere l’ansia e la paura perché ci dicono qualcosa di importante e sottovalutato, così per noi è fondamentale accogliere le nostre emozioni, tutte preziose comunicatrici del nostro io.
Vorrei che provassimo un senso di gratitudine (ancora la preziosa Grazia Mannozzi, Gratitudine) per la paura come per tutte le emozioni che abbiamo incontrato in questi mesi e che viviamo quotidianamente.
Qualche domanda consueta alla paura:
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Che cosa vuoi dirmi cara paura?
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Di che cosa ho paura?
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Che cosa mi minaccia?
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Che cosa mi danneggia?
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Sono sicuro di avere paura?
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Che cosa avrò imparato?
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Che cosa sto scoprendo di nuovo di me?
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Che cosa posso fare di nuovo che non ho ancora fatto?
In fondo “l’inferno esiste solo per chi ne ha paura” ci diceva il grande De André.
Buon viaggio nella “paura” senza paura a tutti.