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Vita intellettuale e affettiva di Benedetto Croce

Benedetto Croce
Benedetto Croce

Con questa avvincente e approfondita biografia, ristampata nel giro di pochi mesi in ben quattro edizioni, Giancristiano Desiderio ha vinto nel 2014 la 47a edizione del Premio Acqui Storia sezione storico-divulgativa (prestigioso riconoscimento già assegnato in precedenza a nomi del calibro di Miriam Mafai, Arrigo Petacco, Pasquale Chessa e Francesco Villari, Giampaolo Pansa, Federico Rampini) e nel 2015 il Premio Sele d’Oro.

A mezzo secolo dall’uscita di quella ormai classica di Fausto Nicolini del 1962, Desiderio ha dato alle stampe un’opera monografica monumentale e minuziosa frutto di anni di studi e ricerche, che racconta il percorso di fede e di passione di Croce e lo riporta al centro della filosofia italiana: la sua storia personale incarna, secondo l’Autore, il senso migliore della storia moderna del nostro Paese, perché è l’italiano della verità e della libertà che si oppone alla tracotanza del Potere.

Il lettore scoprirà tra queste pagine come in Croce vita e pensiero furono, alla maniera dei filosofi antichi, vita filosofica, e come tutta la sua esistenza (Pescasseroli 1866-Napoli 1952) fu attraversata da un’angoscia cronica, dapprima “selvatica e fiera” e infine “domestica e mite”. Filosofo, storico, politico, scrittore e critico letterario: Desiderio getta nuova luce su una delle figure più poliedriche e influenti del mondo culturale italiano ed europeo della prima metà del Novecento, rivelando episodi della sua vita inediti e aspetti della sua personalità sinora inesplorati.

Ciò che emerge, soprattutto, è come sia stata la vita affettiva a dare il tono musicale alla filosofia crociana dello spirito, alimentata in maniera profonda dall’amore coniugale e dall’etica del lavoro, ma anche dal lungo amore per Angelina Zampanelli e dalla morte di lei, dall’amicizia e dalla rottura con Giovanni Gentile.

Il volume è diviso in dieci capitoli (La vita come opera filosofica; Casamicciola; Angelina; Giovanni; La guerra; Gli Hyksos; La libertà; L’Europa; L’Italia; Hegel), e si chiude con un ricco saggio bibliografico che rende conto delle numerose fonti consultate e con la bibliografia riportata nello stesso ordine disegnato da Croce nel Corpus delle sue Opere (le quattro sezioni Filosofia dello spirito; Saggi filosofici; Scritti di storia letteraria e politica; Scritti varii), più antologie, carteggi, articoli di giornale, memorie, letteratura critica.

 

Eccone un interessante estratto, il paragrafo intitolato “Uomo di mondo”:

«D’altra parte, immerso com’era nell’erudizione, non si deve pensare che Croce non avesse vita sociale. Tutt’altro. Soffrì la solitudine, senza dubbio; ma non fu isolato. Lo stesso lavoro che affrontava lo conduceva nel mondo ed entrò in relazione con uomini, donne e ambienti del suo tempo dai salotti alle redazioni. A Napoli e fuori Napoli, in Italia e all’estero. Il carteggio di Croce, uno dei più ricchi che esistano essendo Croce un epistolografo senza pari, cominciò a prender forma dalla sua giovinezza. Lui stesso, del resto, era socievole e simpaticamente aperto verso gli altri, fatta eccezione per chi gli faceva perdere tempo. Certo, pensando a quegli anni giovanili scrisse nelle Memorie di aver condotto la “vita di un vecchio” e per lui la “pienezza della vita” venne più avanti “e non tutta con diletto”. Aveva casa, allora, su al Vomero, e la sera vi ritornava o a piedi o in groppa ad un asino. I pasti, anzi, il pasto era frugale. La terapia del lavoro di studio poté dare i suoi frutti con il tempo e la costanza tramutando l’angoscia da selvatica in domestica. Il suo ambiente di lavoro a casa era sobrio, essenziale, quasi spartano e le “signore che lo visitano” – scrisse la sua amica Fanny Salazar Zampini, forse qualcosa in più di un’amica – erano ricevute nella “simpatica sala di studio” che si presentava con “una deliziosa confusione, ordinata mirabilmente”.

La ricerca, gli articoli, le prime pubblicazioni ben presto gli diedero notorietà e si fece un nome. La sua figura creò interesse. Salvatore Di Giacomo in un articolo che gli dedicò

notava che era “ricco abbastanza per poter avere una grande casa sontuosa, delle belle donne, de’ cavalli, il capriccio di una partita a baccarat, tutti, infine, i piaceri fisici e morali, di cui l’oro è sorgente” invece “consacra il suo tempo e la sua attività, il suo danaro e le sue aspirazioni al conseguimento di un ideale più nobile più onesto”. In questo ideale più nobile e onesto non c’era di certo la mondanità ma neanche la fuga dalla società, anzi per Croce l’uomo è fatto per vivere in società e più avanti ripeterà la sua predilezione vichiana non per i “filosofi monastici” ma per i “filosofi politici”. Fu uomo di mondo nel senso che una sua caratteristica fu quella di conoscere gli uomini, bisogni e ideali, miserie e grandezze.

Scrisse dei teatri di Napoli e ne fu un frequentatore. In particolare, amava due teatri: il Fiorentini, che risaliva al Seicento, e il Sannazzaro. Anche lui fu tra gli ammiratori della “bellissima, bravissima e onestissima” – parola di Nicolini – Tina di Lorenzo che fece girare e perdere invano la testa a non pochi e tra questi a Eduardo Scarpetta. Cosa curiosa, che merita la menzione, è l’assenza di Croce al san Carlo: non vi andava perché – diceva – non aveva orecchio ossia era chiuso alla musica. “Ognuno – ripeteva all’amico Nicolini – ha i suoi limiti.”

Più di una volta il Labriola gli scrisse di fare qualche bel viaggio per distrarsi e Croce lo prese in parola. Dei suoi viaggi nell’Europa del tempo c’è rimasto il diario della penisola iberica che ci mostra una personalità che assapora la gioventù e sa stare al mondo. In quel “taccuino” il ventitreenne Croce annotò giorno per giorno o, per essere più precisi – sottolinea il Nicolini con tono ironico – notte per notte, ciò che vide, udì, ciò che disse e fece insieme con un suo antico compagno di scuola, Francesco Capece-Galeota, dal 4 maggio al 3 luglio 1889, senza dimenticare neanche l’escursione a Tangeri. Cosa videro? Tante belle cose, ma anche tante belle figliole: ammirarono “assai la popolazione femminile e le nere mantillas” sulle Ramblas barcellonesi e le “popolane di Siviglia” e le zingare di Cordoba e le madrilene. Nel diario di viaggio nella penisola iberica vi si trova anche una fotografia scattata nel patio de los leones dell’Alhambra di Granada e oltre a Croce e al suo amico Capece-Galeota, vi sono il viceconsole italiano Eduardo Soria, il marchese Santasilia, console a Cadice, e le due figliole del console, per una delle quali Croce ebbe un breve innamoramento.

Negli scritti di erudizione sono presenti non poco, lo si è già notato, le figure femminili. Per Croce la cultura non è mai astratta ed è sempre legata alla vita. Nel 1895 in uno scritto per l’Accademia Pontaniana sostiene che in fondo è l’istinto erotico idealizzato a muovere l’interesse dello storico per frugare nella vita privata di donne che non hanno combinato nulla di bene e nulla di male ma hanno fatto girare la testa agli uomini con la loro bellezza e la loro grazia. Nel saggio su Lucrezia d’Alagno emerge una saporita confidenza con la materia erotica: Lucrezia, poco più che ventenne, aveva in suo possesso il cuore e i sensi di re Alfonso ma poteva dare tutto il suo cuore e il suo fiore solo all’anziano sovrano: “… è possibile che a una giovinetta bella e fresca, di poco più che vent’anni, bastasse sul serio un sol uomo, un uomo che aveva passati i sessanta?” Al professor Arturo Graf che gli aveva mosso critiche per un suo articolo intitolato Ancora su Niccolò Pesce rispose così: “Il prof. Graf mi rimprovera d’aver creduto d’aver messo le mani su di un argomento vergine. Protesto. Io non ho creduto né affermato nulla! Così nella scienza, come nella natura, è segno di deplorevole imprudenza affermare alla leggiera la verginità. Ed io sono prudente!”

Su questa falsariga si potrebbe continuare a lungo, ma non ce n’è motivo. Quel che si doveva capire si è capito: Croce non fu mai, neanche in gioventù, estraneo al mondo, che il suo pensiero e la sua opera si nutrono proprio di un’esperienza vasta e completa del mondo umano e del cuore degli uomini e delle donne.»

 

Giancristiano Desiderio

(Pompei, 1968) pratica il giornalismo, la filosofia e l’insegnamento. Già direttore de «Il Sannio», cronista parlamentare di «Libero», vicedirettore de «L’Indipendente», editorialista di «liberal». Attualmente scrive per il «Corriere della Sera», «il Giornale», il «Corriere del Mezzogiorno».

Per Liberilibri ha pubblicato anche: Le uova e la frittata. Filosofia e libertà in Benedetto Croce, Hannah Arendt, Isaiah Berlin (2003); Il Bugiardo Metafisico (2005); Lo spirito liberale (2008); La verità, forse (2015); Lo scandalo Croce. Quel vizio insopportabile della libertà (2016); L’individualismo statalista. La vera religione degli Italiani (2017); football. Trattato sulla libertà del calcio (2020). Ha inoltre curato La libertà della scuola di Luigi Einaudi e Salvatore Valitutti (2009).

Giancristiano Desiderio, Vita intellettuale e affettiva di Benedetto Croce, collana Oche del Campidoglio, pagg. 384, euro 19.00, ISBN 978-88-98094-11-0