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Il nuovo “dio verde” che ci fa perdere la libertà

Greta Thunberg, il dio verde
Greta Thunberg, il dio verde

Uscito all’inizio di novembre dello scorso anno, mentre a Glasgow era in pieno svolgimento la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del 2021 (COP26), Il dio verde di Giulio Meotti si è subito preannunciato come un libro decisamente fuori dal coro unanime del neoconformismo verde.

Meotti, giornalista di lungo corso del Foglio, e già autore per Liberilibri di un pamphlet di grande successo, L’ultimo Papa d’Occidente? dedicato alla figura di Benedetto XVI, racconta qui l’altra faccia dell’ecologia, (faccenda molto seria) convertita ormai nella religione laica dell’ecologismo (faccenda invece grottesca), che ha trovato la sua predicatrice prediletta in Greta Thumberg, una ragazzina che continua a ripeterci dal suo pulpito che dobbiamo pentirci. Sono le tattiche populiste dei lobbisti dell’energia green, che prevedono l’utilizzo di bambini per arrivare al controllo sociale e all’uniformità anonima. Greta è il messia che annuncia l’avvento di questa ecotopia, ma il prezzo da pagare per poterla raggiungere è la perdita della libertà. È l’impero della religione ecologista, il nuovo oppio dei popoli dell’Occidente post-cristiano, che sostituisce alla guerra di classe la lotta ecologica, al millennio socialista il millennio ecologista, al culto della fabbrica il culto della foresta.

Non pochi ambientalisti ed estremisti ideologici hanno addirittura cavalcato la pandemia trasformandola rapidamente nella loro misantropia e, scrive Meotti, «hanno goduto, ammirati e sedotti, per gli effetti che la pandemia ha portato al pianeta. Meno smog, meno CO2, meno effetto serra, meno auto, meno attività produttive, meno turismo, meno petrolio, meno carbone». Sono i crociati atei del clima, che con i loro ricatti apocalittici non portano speranza ma solo spavento, e fanno male all’ambiente.

Per la mentalità mainstream europea ormai siamo peccatori ambientali, e dobbiamo cercare la salvezza nella Sostenibilità e nel greenismo. Occorre dunque diventare tutti un po’ più poveri, smettere di mangiare carne, di viaggiare, in definitiva mettere di essere quello che siamo: occidentali e consumisti. Dio non è morto, come scrisse Nietzsche: è diventato verde, e chiede in sacrificio la morte dell’Occidente liberale e capitalista. Ma, conclude Meotti, «fortunatamente, i predicatori dell’apocalisse hanno torto: l’aspettativa di vita sulla Terra è raddoppiata in un secolo, non ci sono mai state così poche carestie e il tenore di vita non e mai stato così alto. Ancora una volta la scienza ci aiuterà: supereremo la crisi ambientale senza attraversare l’eutanasia ecologica».

Il libro è arricchito dall’Introduzione del filosofo Robert Redeker, uno dei più noti intellettuali francesi.

 

Leggiamone un estratto, il capitolo intitolato Un 1984 green:

Ma abbiamo davvero il diritto di pretendere che i popoli appena usciti dalla povertà rinuncino alla società dei consumi optando per la frugalità svedese? Milioni di africani, indiani, cinesi e altri popoli orientali, a loro volta, vogliono auto potenti e computer all’avanguardia, le ultime versioni di telefoni cellulari e aria condizionata privata, viaggi in aereo e più proteine del necessario. In nome di cosa vieteremo loro di farlo? In nome della moralità? E come? Con un 1984 green?

Perché l’ecologia, una legittima preoccupazione per la creazione e la bellezza del mondo, una cosa seria, è diventata l’ecologismo, una cosa grottesca? Come ha fatto a diventare «l’ultima religione occidentale», come ha scritto il filosofo tedesco Peter Sloterdijk? Perché la fine dei grandi discorsi marxisti ha lasciato la sinistra vedova di qualsiasi coniuge rivoluzionario e così l’ecologia politica è solo l’ultimo avatar ideologico della sinistra. Intellettuali di sinistra sempre alla ricerca di un’assoluta, nobile, grandiosa causa da abbracciare per acquistare, in base al principio delle indulgenze, una buona coscienza ma godendo quotidianamente dei benefici del capitalismo – begli appartamenti in quartieri eleganti, ristoranti stellati, resort paradisiaci, personale fisso in casa, consanguineità ideologica…

Il greenismo, che non c’entra niente con l’ecologia liberale e cristiana, serve a spiegare che è tempo di porre fine ai popoli e alle nazioni, ai Paesi e agli Stati per beneficio di un governo planetario che abbia a cuore la salvaguardia dell’umanità e della Terra. Chi non potrebbe condividere una simile preoccupazione?

L’Europa è il continente in cui l’ecologismo è più dominante e anche quello in cui la crescita economica e demografica è più esitante. Come ha detto l’ex ministro francese Bruno Durieux, «gli ecologisti sono i figli ingrati della nostra ricchezza».

Ogni grave evento meteorologico è ormai ridotto al tema del riscaldamento globale, con questa idea sullo sfondo della colpa della civiltà contemporanea. È impossibile sfuggire a questa angoscia universale, e solo pochi autori osano ancora denunciare il catastrofismo ambientale e guardare con freddezza la situazione.

Secondo il presidente boliviano Evo Morales, uno di quei simpatici populisti un po’ comunisti che hanno distrutto l’America Latina, ci sono due soluzioni: o muore il capitalismo o scompare Madre Terra. Nel frattempo, guerra alla Nutella e all’olio di palma, ma dentro ai consigli di amministrazione delle corporations una quota sempre agli ecologisti (il “mercato etico” e il business del futuro).

Perché l’ecologia vende e anche bene. Ogni giorno, ettari di foreste si trasformano in libri, giornali, riviste, opuscoli, manifesti, prospetti, dedicati alla difesa della natura. Come abbiamo fatto a rincretinirci al punto di prendere sul serio le lacrime e gli sguardi di Greta Thunberg, una ragazzina che, secondo la madre, ha il potere di «vedere le nostre emissioni di CO2 a occhio nudo», la cui famiglia coltiva i propri ortaggi su un piccolo appezzamento fuori Stoccolma, che viaggia in bicicletta e accetta di utilizzare l’auto elettrica di famiglia (una Tesla) solo in caso di estrema necessità e che ha Leonardo DiCaprio e Arnold Schwarzenegger, due veri guerrieri della giustizia sociale, al proprio fianco? Ieri le Guardie Rosse, oggi e domani i Khmer Verdi. Vogliono riportare l’umanità nel “migliore dei mondi”, uno stato di natura fantasticato che volti le spalle a due secoli di sviluppo.

Lo ha riconosciuto anche Denis Olivennes, il patron di «Libération», il giornale della gauche francese, che in un libro scrive: «Questa nuova sinistra nata nei campus americani, che combatte contro tutte le ingiustizie razziste, sessiste, ambientaliste ritenute legate l’una all’altra, quella che viene chiamata cultura “woke”, è semplicemente un puritanesimo senza Dio. E un puritanesimo che, invece di detestare l’ozio, aborrisce l’attività! Come nel puritanesimo religioso, c’è questa idea del peccato originale che ti fa nascere colpevole. In questo caso è la società mercantile, sessista, razzista, inquinante, da cui devi liberarti per ritrovare la tua purezza morale. L’idea non è quella di risolvere i problemi ma di scomunicare i colpevoli. Abbiamo i suoi apostoli, i suoi santi o i suoi predicatori che, come Greta, denunciano i peccatori e invocano la redenzione. Greta e il volto della crociata ideologica.»

Questa ideologia verde annuncia l’avvento contemporaneo di una società femminilizzata e gender fluid. L’unione di nuovo femminismo ed ecologismo avviene all’insegna del grido «fermiamo la misoginia planetaria».

In Francia si rivendica già la militanza nell’“eco-femminismo”. Hans-Georg Maaßen, che ha diretto per sei anni l’Ufficio per la protezione della Costituzione (il servizio segreto interno tedesco), sulla rivista liberalconservatrice «Cato» ha scritto che c’è «una nuova ideologia politica che mette in discussione il pluralismo e la democrazia. I suoi elementi principali includono la politica dell’identità e i diritti delle minoranze, la polizia della lingua, l’abolizione del diritto alla libertà di espressione nelle scuole, nelle università e nei media, nonché la propaganda aggressiva che chiede la “protezione del clima”, la “solidarietà internazionale” e ancora più migrazioni. Questa ideologia non è solo massicciamente promossa sotto il profilo finanziario dalle parti interessate, ma anche pubblicizzata da un apparato di propaganda aggressivo che serve i media, nonché numerosi politici e organizzazioni non governative».

L’ecologismo è soltanto il collante di questo nuovo conformismo da cui è praticamente impossibile dissentire.

Giulio Meotti, Il dio verde. Ecolatria e ossessioni apocalittiche, Introduzione di R. Redeker, traduzione dell’Introduzione di M. Della Sciucca, Liberilibri 2021, collana Oche del Campidoglio, pagg. XVI-92, euro 14.00, ISBN 978-88-98094-87-5