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Bivi

Profumi
Ph. Fabio Toto / Profumi

Proprio mentre sto riflettendo su quanto si sta prospettando come cambiamento nella vita delle aziende e delle sue persone, ricevo via WhatsApp questo accattivante suggerimento, non me ne voglia l’autore (che non conosco) se lo utilizzo:

Se la vita ti mette di fronte ai bivi, tu bivi, bivi sempre”.

Ci sono momenti in cui si deve decidere se e da quale parte dirigersi, bivi fondamentali, che mettono in discussione la stabilità esistente, la voglia di cambiare, il coraggio che abbiamo, la capacità di impostare la modificazione, fino ad arrivare, talvolta, alla revisione del senso del proprio fare o perfino del proprio essere (introspezione di Giovanni Lodigiani).

L’economia dei business e di tante istituzioni è alla ricerca di assetti appropriati rispetto a tantissimi bivi, tra i quali solo per citarne tra i più evidenti:

  • rimango piccolo e bello o divento grande;
  • flessibilizzo e punto sulle persone (alias anche smart working) o mantengo una organizzazione più rigidamente impostata sui meccanismi procedurali e di sistema (alias anche telelavoro);
  • investo direttamente in innovazione come ricerca e sviluppo interni o accedo a forme di finanziamento a gara/ attendo che altri progettino e realizzino per poi beneficiarne;
  • seguo la moda della digitalizzazione od opportunamente ragiono sugli ambiti del business per i quali ha un senso ed una reale utilità (e ciò varrebbe anche per il tema della sostenibilità)?

I quali poi si rispecchiano nei conseguenti bivi a cui le singole persone si trovano di fronte. E qui mi soffermo maggiormente.

Girando nelle aziende e negli enti non si vedono molte facce sorridenti, già ben prima della crisi pandemica: sintomo di una sensazione di non ben-essere derivante dal contesto; sintomo della consapevolezza di essere parte costruttiva di una identità più grande in cui non emerge anche l’identità personale; risultato della considerazione della futilità di molto di ciò che ci viene richiesto di fare o dello spreco intellettivo e fisico che questo richiede.

I bivi del contesto, e più se ne individuano e più ci si richiede di cambiare, ci pongono di fronte al macro bivio del “accettare o non accettare?” la sfida di proseguire il viaggio sulla strada opposta rispetto a quella fin qui percorsa (se non addirittura di doverlo spiegare agli altri, collaboratori o nostri stakeholder). Se ci sentiamo arrabbiati dello stato delle cose (La rabbia di Barbara Martini) se ci piace l’idea di essere protagonisti nel nostro ruolo professionale (L’identità professionale Alfredo Biffi), proviamo ad incanalare la rabbia in un processo virtuoso capace di esprimere la nostra professionalità, accettando la sfida. Per farlo ci vuole quel coraggio (Il Coraggio di Grazia Mannozzi), entusiasmo (L’Entusiasmo Francesca Giannuzzi) ed anche un poco di incoscienza (lasciamo un po’ di spazio alla inconsapevolezza costruttiva) che rendono la sfida un fatto motivante che intrinsecamente spinge ad andare fino in fondo.

Non si può lasciare l’impostazione e la gestione dei bivi solo ai mega-direttori e ai meta-sistemi: i primi possono non avere la leadership necessaria, i secondi nascondono la ricchezza delle differenze, delle voglie e delle opportunità della quotidianità e delle persone operative. I primi in molti casi vanno spinti e motivati (Aiutare di Simone Vender), i secondi re-ingegnerizzati se non distrutti e ingegnerizzati ex novo.

E allora, visto l’ambiente in cui molti di noi operano, dovrei dirci forza, coraggio e “In bocca al lupo”, ma il suggerimento iniziale è troppo simpatico.

E quindi PROSIT!