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La liberazione di Silvia Romano e le sue implicazioni giuridiche

Silvia Romano
Silvia Romano

Indice:

1. Il fatto

2. Le funzioni dell’AISE e le garanzie funzionali riconosciute al suo personale

3. Le implicazioni giuridiche dell’eventuale pagamento di un riscatto

4. La trattativa, le trattative

 

1. Il fatto

Tra l’8 e il 9 maggio 2020 la nostra connazionale Silvia Romano è stata liberata in territorio somalo, dopo essere stata rapita il 20 novembre 2018 in Kenya dove operava come educatrice per un progetto curato dalla ONLUS Africa Milele.

I più diffusi ed autorevoli mass media italiani – tra questi quotidiani come La Repubblica, Il Corriere della Sera, Il Sole 24 ore, Il Fatto Quotidiano, agenzie di stampa come Ansa, AGI, PressReader, periodici come L’Espresso, raccontano che la liberazione sarebbe avvenuta in conseguenza del pagamento di un riscatto all’organizzazione jihadista terroristica somala Al Shabaab che avrebbe ricevuto in custodia la Romano dopo la fase iniziale della sua prigionia.

Addirittura, in un articolo pubblicato l’11 maggio su La Repubblica, il giornalista Pietro Del Re ha intervistato un tale Ali Dehere, definendolo il portavoce di Al Shabaab. Dehere ha ammesso esplicitamente che il suo gruppo ha tenuto prigioniera la Romano, considerata una preziosa merce di scambio, ha incassato un riscatto in cambio della sua liberazione e si servirà di parte del denaro ricevuto per acquistare armi con cui alimentare la jihad.

Per contro – è doveroso ricordarlo – sia il ministro degli Affari esteri Luigi Di Maio che il ministro della Salute Roberto Speranza hanno affermato di non essere a conoscenza del pagamento di alcun riscatto.

Sono di dominio pubblico altre due notizie rilevanti sulla vicenda della liberazione.

Questa è avvenuta grazie a un’operazione gestita dall’AISE (Agenzia informazioni e sicurezza esterna, cioè l’articolazione dei nostri servizi segreti che opera all’estero) in collaborazione con i servizi somali e turchi (un comunicato in tal senso è stato diramato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri sul sito web istituzionale).

La vicenda del sequestro di Silvia Romano è all’attenzione della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma e il PM incaricato sta procedendo sulla base della contestazione del reato di sequestro di persona a scopo di terrorismo internazionale (articolo 289-bis Codice Penale).

 

2. Le funzioni dell’AISE e le garanzie funzionali riconosciute al suo personale

Si legge nel sito web istituzionale del SISR (Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica) che “L’Agenzia informazioni e sicurezza esterna (AISE) ha il compito di ricercare ed elaborare tutte le informazioni utili alla difesa dell’indipendenza, dell’integrità e della sicurezza della Repubblica dalle minacce provenienti dall’estero. In particolare sono di competenza dell’AISE: le attività di informazione per la sicurezza che si svolgono al di fuori del territorio nazionale, a protezione degli interessi politici, militari, economici, scientifici e industriali dell’Italia; l’individuazione e il contrasto al di fuori del territorio nazionale delle attività di spionaggio dirette contro l’Italia e le attività volte a danneggiare gli interessi nazionali; le attività di controproliferazione di materiali strategici. L’AISE risponde al Presidente del Consiglio dei ministri e informa, tempestivamente e con continuità, il Ministro della difesa, il Ministro degli affari esteri e il Ministro dell’interno per le materie di rispettiva competenza”.

Le competenze dell’AISE sono disciplinate dall’articolo 6 della Legge 124/2007 che è stata riformata dalle successive Leggi 43/2015 e 198/2015.

Di particolare interesse sono anche gli articoli 17/20 della Legge 124 che regolano le cosiddette garanzie funzionali del personale dei servizi di informazione. L’articolo 17, in particolare, ha istituito una speciale causa di giustificazione che, aggiungendosi a quella ordinaria dell’adempimento del dovere prevista dall’articolo 51 Codice Penale, rende non punibile il personale dei servizi di informazione che tenga condotte previste dalla legge come reato.

La causa di giustificazione è sempre esclusa nei casi previsti dai commi 2/5 dall’articolo 17 ed è ammessa, anche quando astrattamente possibile, solo se debitamente autorizzata e documentata, solo per condotte rientranti nei compiti di istituto le quali siano: indispensabili e proporzionate al conseguimento degli obiettivi dell’operazione non altrimenti perseguibili; frutto di una obiettiva e compiuta comparazione degli interessi pubblici e privati coinvolti; effettuate in modo tale da comportare il minor danno possibile per gli interessi lesi.

L’autorizzazione di cui si è detto (articolo 18) spetta al Presidente del Consiglio dei Ministri, deve essere motivata, è rilasciata sulla base di una circostanziata richiesta scritta del direttore del servizio di informazione per la sicurezza interessato, è modificabile o revocabile in qualunque momento.

Se le condotte di cui si parla sono oggetto di indagini preliminari, il direttore del servizio interessato oppone all’autorità giudiziaria la causa di giustificazione e, se questa è confermata entro il ristretto termine previsto dal Presidente del Consiglio, il giudice, a richiesta del PM o anche d’ufficio, pronuncia secondo i casi sentenza di non luogo a procedere o di assoluzione nel merito.

Se la causa di giustificazione è eccepita dall’appartenente dei servizi nel momento in cui viene arrestato in flagranza di reato o in cui viene eseguita una misura cautelare, l’esecuzione del provvedimento viene sospesa e si attiva la medesima procedura descritta di verifica dell’effettiva esistenza della scriminante.

Si ricorda infine che, secondo quanto previsto dall’articolo 17, comma 4, non possono essere autorizzate le condotte di reati per i quali non è opponibile il segreto di Stato ai sensi del successivo articolo 39, comma 11, e cioè i fatti di terrorismo o eversivi dell’ordine costituzionale e i fatti costituenti i delitti di cui agli articoli 285 (devastazione, saccheggio e strage), 416-bis (associazione a delinquere di stampo mafioso), 416-ter (scambio elettorale politico-mafioso) e 422 (strage) del codice penale.

Fanno eccezione, in virtù di un’espressa deroga prevista dall’articolo 17, comma 4, e sono pertanto sempre autorizzabili, le ipotesi previste dagli articoli 270-bis, comma 2 (partecipazione ad un’associazione con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell’ordine democratico) e 416-bis, comma 1 (partecipazione ad un’associazione a delinquere di stampo mafioso) del codice penale.

Si segnala inoltre che l’articolo 8, comma 2 del Decreto legge 7/2015 convertito con modifiche dalla Legge 43/2015 ha reso autorizzabili fino al 31 gennaio 2018 anche le ipotesi previste dagli artt. 270, comma 2 (partecipazione ad associazioni sovversive), articolo 270-ter (assistenza agli associati), 270-quater (arruolamento con finalità di terrorismo anche internazionale), articolo 270 quater1 (organizzazione di trasferimenti per finalità di terrorismo), 270-quinquies (addestramento ad attività con finalità di terrorismo anche internazionale), 302 (istigazione a commettere un delitto contro la personalità interna o internazionale dello Stato), 306, comma 2 (partecipazione a banda armata) e 414, comma 4 (istigazione o apologia riguardante delitti di terrorismo o crimini contro l’umanità).

 

3. Le implicazioni giuridiche dell’eventuale pagamento di un riscatto

La condotta di chi paghi un riscatto ai sequestratori di una persona per ottenere la liberazione di quest’ultima sembra astrattamente potere essere inquadrata nella fattispecie di favoreggiamento reale (articolo 379 Codice Penale) che punisce “Chiunque fuori dei casi di concorso nel reato e dei casi previsti dagli articoli 648, 648-bis, 648-ter, aiuta taluno ad assicurare il prodotto o il profitto o il prezzo di un reato”.

Questa tipologia di reato rientra, di per sé sola considerata, tra quelle autorizzabili ai sensi degli articoli 17 e ss. della Legge 124.

La qualificazione giuridica cambierebbe ovviamente se l’eventuale attività del personale dei servizi si fosse spinta a “proteggere” in qualche modo la gestione del sequestro a fini terroristici allo scopo di non intralciare l’intento finale della liberazione dell’ostaggio. Sarebbe difficile in questo caso escludere l’ipotesi del concorso nel sequestro, il quale – è bene ricordarlo – è un delitto per il quale non è opponibile il segreto di Stato e non è autorizzabile e quindi scriminabile la condotta che lo integra o concorre ad integrarlo.

Si pone poi l’ulteriore questione dei limiti oggettivi all’autorizzabilità delle condotte di reato.

Come si è visto, occorre che queste

siano state compiute nell’esercizio o a causa di compiti istituzionali dei servizi (i),

siano indispensabili e proporzionate al conseguimento degli obiettivi dell’operazione non altrimenti perseguibili (ii),

siano frutto di un’obiettiva e compiuta comparazione degli interessi pubblici e privati coinvolti (iii),

siano effettuate in modo tale da comportare il minor danno possibile per gli interessi lesi (iv).

Si può dare per scontato che sia un dovere istituzionale dei servizi informativi quello di assicurare la salvaguardia della vita e dell’incolumità di cittadini italiani che si trovino in condizioni di rischio in Stati esteri.

Lo stesso può dirsi per la priorità da attribuirsi al bene vita rispetto a qualsiasi altro interesse con esso confliggente.

È verosimile ritenere che non si saprà mai invece, per ovvie ragioni di protezione delle nostre attività di intelligence all’estero e degli uomini cui queste sono affidate, se esistessero altri modi, alternativi al pagamento del riscatto, per giungere alla liberazione di Silvia Romano e se, in ipotesi, questi modi fossero percorribili senza mettere a repentaglio la sicurezza della vittima.

Si può solo ricordare a questo riguardo che i proventi finanziari dei sequestri di persona costituiscono una delle risorse più importanti delle organizzazioni terroriste che operano nell’area in cui è insediata Al Shabaab e che tali organizzazioni controllano capillarmente estese fasce territoriali, sono pesantemente armate, possono contare su reti personali diffuse.

Considerazioni di analogo tenore possono essere fatte riguardo al requisito del minor danno possibile per gli interessi lesi.

A credere all’intervista di Ali Dehere, parte del ricavato del riscatto sarà impiegato dalla sua organizzazione per l’acquisto di armi che rafforzeranno le sue attività e la sua capacità di operare a livello terroristico.

Se così fosse, la protezione di una vita potrebbe comportare rischi per altre vite.

Di contro, tuttavia, si dovrebbe rilevare che Al Shabaab non risulta aver condotto finora aggressioni contro obiettivi italiani sicché il suo rafforzamento economico non dovrebbe essere inteso come una minaccia contro interessi nazionali.

Come sempre in questi casi, è quantomai complicato individuare il punto di migliore equilibrio tra esigenze contrastanti e valori in conflitto, per di più servendosi di opinioni fondate su open data laddove è lecito presumere che le informazioni in possesso dei servizi sono ben più estese e fondate.

 

4. La trattativa, le trattative

Comunque si voglia intendere la vicenda che ha portato alla liberazione di Silvia Romano, e quale che sia la versione che si considera più attendibile, un fatto è certo.

Quella liberazione è stata il frutto di un lavorio di intelligence in cui hanno trovato posto sinergie con altri servizi, conoscenza delle dinamiche del territorio in cui la Romano era tenuta in ostaggio, acquisizione di informazioni e a un certo punto, inevitabilmente, trattative e negoziati con chi la teneva prigioniera.

Trattativa, questa è la parola chiave.

È servita a salvare una vita, preziosa come ogni altra vita, e per ciò solo va apprezzata l’azione di tutti coloro che, a livello politico e di intelligence, l’hanno resa possibile.

Ci si limita ad osservare, prescindendo dalle pur esistenti differenze tra il regime giuridico riservato al personale dei servizi e quello proprio degli altri operatori della pubblica sicurezza, che in altri casi quella stessa parola ha assunto un significato massimamente negativo, implicando nel pensiero corrente una sorta di cedimento immorale e mai giustificabile delle istituzioni.

Così è avvenuto ed avviene per la cosiddetta trattativa Stato–mafia che pure fu avviata per fermare la stagione stragista di Cosa nostra.

Così è avvenuto per le rivolte nelle carceri in piena emergenza Coronavirus alle quali sono seguite una tardiva sensibilizzazione delle istituzioni competenti e la scarcerazione di soggetti giudicati pericolosi ma nondimeno anziani, malati e a elevato rischio di contagio.

Così infine è avvenuto in questi giorni per la mancata nomina del Dr. Di Matteo alla direzione del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria.

Si crea in tal modo una babele linguistica e semantica che accomuna situazioni che ben poco hanno a che fare tra loro e che, soprattutto, serve alla creazione di un privilegio discutibile, quello di poter distribuire arbitrariamente patenti di liceità o illiceità, moralità o immoralità.

Non si rende così un buon servizio al Paese e ai suoi cittadini.